Un’analisi sull’abrogazione del Don’t ask Don’t tell (DADT) di Panorama

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Di Massimo Mele il 21 Dicembre 2010. Nessun commento

Manifestazione contro il DADT

Nel 1993 un sondaggio della NBC News e del Wall Street Journal rivelava che solo il 43% degli americani era favorevole a togliere il bando agli omosessuali dichiarati nelle forze armate. Sedici anni dopo, nel 2009, un altro sondaggio (USA Today/Gallup) diceva, invece, che le opinioni erano decisamente cambiate: il 69% degli intervistati affermava che era giusto modificare la regola del Non chiedere, Non dire varata dall’amministrazione Clinton per permetter ai gay (non dichiarati) di arruolarsi sotto le armi.

Nel 2007, il capo di stato maggiore delle forze armate statunitensi, il generale Peter Pace, comandante dei Marines, dichiarava che (per lui) “l’omosessualità era immorale“. Tre anni dopo, il suo successore, l’ammiraglio Mike Mullen, lanciava addirittura un appello pubblico per chiedere che il Congresso togliesse il bando e permettesse ai gay di entrare a pieno titolo nell’esercito più potente del mondo.

E’ in queste cifre (e in queste dichiarazioni) che troviamo i cambiamenti di una larga parte della società americana. Mutazione di costumi e di percezione delle cose che hanno permesso al Senato di votare l’abolizione della dottrina del Don’t Ask, Don’t Tell, con un voto che rende possibile per i gay dichiarati di arruolarsi e prestare servizio senza la paura di dover subire discriminazioni a causa della loro omosessualità.

Jimmy Carter si è lasciato andare a una dichiarazione che può apparire un’iperbole, ma che forse non lo è: “gli Usa sono ormai pronti per un presidente gay“.

Per la rivista Politico, anche il fatto che otto senatori repubblicani si siano schierati per la legge è un segno dei tempi. In particolare, l’attenzione è tutta concentrata su Richard Burr, senatore del GOP della North Carolina, il cui voto a favore del provvedimento è stata una sorpresa per tutti.

Cinquantacinque anni, Burr arriva dallo Stato che ha eletto per tre decadi al Senato quel Jesse Helms, considerato una delle bandiere del conservatorismo americano. “Fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile che un uomo del Grand Old party avrebbe potuto votare a favore dell’abrograzione del Don’t Ask, Don’t Tell, ma è evidente che anche la North Carolina non è più la terra di un tempo” – scrive Josh Gerstein.

Stato in cui di trovano due delle più conosciute e importanti basi militari (Fort Bragg e Camp Lejeune), la North Carolina è diventata più cosmopolita e aperta alle influenze del resto della nazione. Richard Burr, politico di lungo corso, rieletto per un nuovo mandato, conosce bene la sua gente e sa cosa gli può procurargli o togliergli consenso. Il voto a favore dei gay nelle forze armate è segno che il suo elettorato voleva che lui scegliesse quella strada.

Le associazioni degli omosessuli hanno salutato con entusiasmo il voto al Senato, definito come pietra miliare per le battaglie per i diritti dei gay. David Mixner, democratico, ha detto che soltanto nei prossimi anni si vedrà la portata della scossa data dal Congresso, un vero e proprio terremoto se si pensa che per decenni, sui codici delle leggi di alcuni stati, l’omosessualità era punita.

Barack Obama, che firmerà la legge nei prossimi giorni, ha conseguito una vittoria congressuale, forse una delle ultime. Durante la sua campagna elettorale aveva promesso di eliminare il Don’t Ask, Don’t Tell, ma sembrava aver perso la possibilità di farlo. Troppe volte, anche alcuni senatori del suo partito si erano mostrati tiepidi se non contrari a cambiare la legge. La vittoria dei repubblicani nelle elezioni di Medio Termine sembrava essere la pietra tombale sulla caduta del bando.

Al contrario, invece, le nuove condizioni politiche hanno resuscitato un provvedimento che tutti consideravano ormai morto e sepolto. Adesso o mai più, è stato il pensiero di molti democratici e (probabilmente) dei repubblicani che hanno votato a favore. Che sono stati aiutati da un report del Pentagono in cui si benediva la caduta del bando.

John MaCain, l’ex candidato alle presidenziali nel 2008, ha guidato l’opposizione alla nuova legge. “Distruggerà l’unità delle forze armate”, ha detto il senatore dell’Arizona. “E’ un provvedimento molto pericoloso in un momento in cui l’America è in guerra”, hanno aggiunto altri lawmaker del GOP.

Non la pensa così la maggior parte degli americani per cui cacciare i gay dalle forze armate è solo un retaggio del passato.

Da Panorama.it

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