Un incontro al CCS Borderline sulle conseguenze della disinformazione sull’Aids nel sesso, diventato da tempo il principale mezzo di trasmissione dell’HIV. Presenti tutte le realtà del territorio impegnate nella lotta all’Aids e nell’assistenza delle persone sieropositive. Pesanti critiche alla professoressa Mura per la colpevole assenza della Clinica di Malattie Infettive “La direttrice ha ridotto drasticamente la qualità medica del reparto e dimostra, anche oggi, completo disinteresse per il territorio”
“Il sesso senza precauzione è una libera scelta ma presuppone una corretta informazione e la consapevolezza del rischio”. Massimo Mele, nell’introduzione al dibattito “Il sesso ai tempi dell’Aids” che si è svolto sabato scorso al CCS Borderline, chiarisce subito la principale conseguenza dell’attuale carenza di informazione sull’HIV e sul sesso sicuro. Informazione, consapevolezza, responsabilità sono alcuni dei concetti comuni a tutti gli interventi che affrontano, da diverse prospettive, l’attuale situazione dell’Aids in Italia, con particolare riferimento ai comportamenti sessuali. Federica Paganelli, psicologa e volontaria dell’Anlaids della Lombardia, snocciola i numeri aggiornati della situazione italiana, che vedono la Sardegna fra le prime dieci regioni più colpite per numero di casi di Aids e nuove infezioni da HIV. Ovvero un aumento progressivo delle nuove infezioni che, dopo diversi anni, investe anche i gay, sopratutto i giovani fra i 16 e i 25 anni. Effetto della mancata informazione o scelta consapevole come nel caso del “bareback” (sesso senza protezioni), molto in voga fra i gay, e non solo, di tutto il mondo. Ma si può parlare di consapevolezza quando la scelta è viziata dalla scarsa informazione e da una conoscenza piuttosto superficiale delle vie di trasmissione dell’HIV? Difficile cancellare la convinzione che, nei rapporti sessuali, la trasmissione del virus avvenga attraverso i liquidi seminali, sperma e umori vaginali, piuttosto che dalle microlesioni della mucosa genitale, provocate dall’attrito della penetrazione. Convinzione che porta a pensare al coito interrotto come ad una pratica di sesso sicuro o ad evitare l’eiaculazione in bocca in un rapporto orale
optando per il viso nella convinzione che questo renda la fellatio (il pompino) più sicuro. Ma non è così anzi, è vero il contrario. Se la mucosa orale è intatta, senza lesioni sanguinolente, lo sperma non può penetrare per cui la trasmissione dalla bocca è assai difficile (non sono ancora stati verificati casi di contagio da rapporto orale), a differenza dell’occhio dove la penetrazione è certa.
Maurizio Palomba, anche lui psicologo, e fondatore dell’Istituto di gay Counseling di Roma, riconduce la sessualità all’affettività ed alla relazione intima, con tutte le responsabilità proprie di una relazione, fra due o più persone che fanno sesso, sia in rapporti duraturi che in incontri occasionali. Puntualizza la differenza fra sessualità, intesa come dimensione sessuale dell’individuo e sesso, inteso come pratica effettiva della sessualità, in cui solo la componente affettiva, anche se di brevissima durata, come negli incontri occasionali, permette di superare le paure e le vergogne per una totale assunzione di responsabilità.
Ed è la responsabilità il concetto più dibattuto dell’incontro: responsabilità verso se stessi e la propria salute e responsabilità verso il/la partner. L’ignoranza populista ci ha inculcato il concetto che nella trasmissione del virus la responsabilità è della persona sieropositiva, ma non è così. In un rapporto sessuale ognuno è libero di scegliere il proprio rischio. Certo c’è un’enorme differenza fra rapporto occasionale e coppia stabile, sposata e non, dove è la fiducia a prevalere sulla libertà di scelta. Negli altri rapporti, invece, ognuno deve essere responsabile di sè e, come per il personale medico, bisogna sempre presupporre che il partner possa essere portatore dell’HIV, come di altre malattie sessualmente trasmissibili, e comportarsi di conseguenza. Considerato anche che una larga fetta delle persone sieropositive non sa di esserlo. E sono questi i casi più a rischio. Una persona sieropositiva sotto terapia, con una carica virale negativa, che non presenta quindi tracce del virus nel sangue e nello sperma, è a bassissimo rischio, praticamente nullo. Mentre chi non conosce il proprio stato sierologico, ma ha già contratto il virus senza saperlo, ha una capacità di trasmissione direttamente proporzionale alla sua carica virale. Maggiore è la replicazione del virus nel sangue più alto sarà il rischio di trasmissione. Sfatato quindi il mito degli “untori”, i sieropositivi che,
consapevolmente, infettano gli altri per “sentirsi meno soli”. Vero forse negli anni ’80, quando ancora non esisteva nessun tipo di terapia, ma non oggi. Paradossalmente il rapporto sessuale meno rischioso è proprio con partener sieropositivi che seguono diligentemente la terapia. Da qui l’invito, da tutti condiviso, a sottoporsi al test per l’hiv periodicamente, anche quando si vive un rapporto di coppia stabile.
Andrea, di Acos, associazione di contrasto alla prostituzione schiavizzata, porta l’esperienza diretta dell’associazione che gestisce un’unità da strada per un intervento diretto sulle prostitute nei luoghi di lavoro. “Molti clienti insistono per farlo senza, anche con un sovrapprezzo che, in molti casi, è piuttosto convincente. Arrivano anche a sfilarselo di nascosto o a romperlo appositamente”. Prova di questo il numero sempre maggiore di donne che scoprono di essere sieropositive per l’insorgere di infezioni opportunistiche di cui non capiscono la provenienza. Marco Ladu racconta la storia della casa famiglia per le persone sieropositive, sorta diversi anni fa in piazza sant’Antonio, a Sassari, grazie a padre Morittu, instancabile dierttore delle comunità di Mondo X. Antonella Cau e Sabrina Ruzzu, del gruppo sassarese di Sieropositivo.it, ci introducono nei dubbi, nelle riflessioni, nelle paure e nelle speranze raccolte sul forum del sito, troppo spesso unica valvola di sfogo per tantissime persone sieropositive, che vivono drammaticamente, e di nascosto, la propria condizione. Numerosi gli interventi del pubblico, che partecipa con profondo interesse al lungo incontro. Il dibattito è finito ma l’incontro fra le realtà del territorio, oltre che ad informare, è stata la premessa per un futuro lavoro di rete per lo sviluppo di campagne di informazione e sensibilizzazione sull’Aids e le MST (malattie sessualmente trasmesse) e di supporto alle persone sieropositive.