L’Ordine nazionale vieta terapie “prive di qualsiasi validità scientifica”. Ma la verifica sul campo dimostra una realtà differente, intessuta anche di bigottismo e superstizione
Di Saverio Tommasi da domani.arcoiris.tvHo realizzato un’inchiesta fra le pieghe, e le piaghe, di casa nostra. Pieghe psicologiche, piaghe del pregiudizio. Psicologi o guaritori d’omosessuali: le dizioni, in quasi il settanta per cento dei casi, sembrano confondersi. E su questo ho indagato: sulla confusione di chi interpreta la psicologia come una terra di conquista per le più retrive posizione della Chiesa sull’omosessualità. Roba da Levitico, l’autore del libro biblico meno letto, quello che predicava la dannazione eterna per chi avesse praticato l’omosessualità o mangiato crostacei (pari erano, per lui, compreso l’atto del radersi). Teorie che se non procurassero sofferenza e pianto in chi vi presta credito, sarebbero da ricordare alla fine di ogni cena, fra il caffè e la barzelletta sporca dello zio, in contemporanea a quella che in alcuni paesi del mondo è la massima prova del gradimento della cena.
Il fatto è questo: nonostante i ripetuti pronunciamenti dell’Ordine Nazionale degli Psicologi, che attraverso i suoi rappresentanti ha più volte condannato qualsiasi terapia volta al (presunto) ripristino della naturale (per loro) sessualità eterosessuale, una rilevantissima maggioranza di psicologi (io ne ho interpellati cento, scelti casualmente fra gli ordini di Roma, Firenze e Milano), attua terapie “riparative” o similari, volte a riconvertire il gusto omosessuale in eterosessuale, conquistandosi il Paradiso e l’accettazione sociale.
Lo possono fare? No. Come ha ribadito l’Ordine Nazionale degli Psicologi questa pratica è estranea a qualsiasi teoria scientifica, e chi la pratica può essere segnalato all’Ordine. Almeno per ora, aggiungo io, perché essendo gli psicologi favorevoli ben più della metà, almeno secondo la mia inchiesta, può darsi che alle prossime elezioni prendano la maggioranza del consiglio e cambino la norma. E noi, malati di verità e ammalati di giustizia, noi contaminati dai diritti, noi inguaribili che hanno voglia d’amare, cosa possiamo fare? Informare. Chi gira i video e chi li diffonde. Chi legge gli articoli e chi li scrive. E insieme aggiungere un tassello al mosaico di un mondo in cui la sessualità sia liberata dal pregiudizio morale. Buon cammino.