Psicologi contro Agesci: “il coming out è educativo”

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Di Massimo Mele il 11 Maggio 2012. Nessun commento

L’Ordine degli psicologi della Lombardia interviene sulla vicenda degli atti del seminario organizzato dall’Agesci per fornire le prime linee guida sul tema dell’omosessualità. In particolare, esprime un parere negativo sulle tesi sostenute dagli psicoterapeuti invitati. Ecco la loro nota.

L’Ordine degli Psicologi della Lombardia ritiene opportuno sottolineare che alcune affermazioni sull’omosessualità fatte dai relatori al seminario, e riportate dalla stampa, vanno considerate con attenzione per quanto riguarda il ruolo dello Psicologo. Si fa riferimento, in particolare, alle parole di padre Francesco Compagnoni, Assistente ecclesiastico nazionale del MASCI (Movimento Adulti Scouts Cattolici Italiani) il quale ha affermato che: “se il ragazzo o la ragazza presenta in diversi modi tendenze omosessuali secondo me bisognerebbe parlare con i genitori e invitare un esperto con cui consigliarsi. In linea generale uno psicologo dell’età evolutiva o ancora meglio un pedagogista. Non si può semplicemente evitare il problema non affrontandolo….”. Si considerano anche le dichiarazioni dello psicologo Contardo Seghi, che vanno misurate e confrontate con il Codice Deontologico della professione di Psicologo. In merito a queste affermazioni, la dottoressa Carlotta Longhi, Segretario dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, premettendo che, “in quanto psicologi e psicoterapeuti condanniamo ogni tentativo di patologizzare l’omosessualità, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce una ‘variante naturale del comportamento umano’”, dichiara: “il consiglio di riferirsi allo psicologo dell’età evolutiva per il semplice fatto che un ragazzo scout si dichiari omosessuale significa dare per scontato che il ragazzo o la famiglia non abbiano le risorse per far fronte e gestire un orientamento sessuale non maggioritario visto come qualcosa di problematico in sé. Inoltre, in merito alla sottolineatura da parte dei relatori della necessità di una prudenza da parte dei capi scout nel dichiararsi ai ragazzi, evidenziamo che questa indicazione si pone in contrasto con gli orientamenti teorici e clinici più recenti (si veda, per esempio, Margherita Graglia, Omofobia. Strumenti di analisi e di intervento, 2012) che vedono nella visibilità in ambito familiare, lavorativo ma anche educativo delle persone omosessuali un fattore di protezione da problemi psicologici e, quindi, una condizione di benessere, sia personale che comunitario. Inoltre, il coming out dei capi scout insegna ai ragazzi eterosessuali la legittimità ad essere lesbica o gay, prevenendo forme di omofobia e bullismo omofobo”.

Riguardo alle cosiddette “terapie riparative dell’omosessualità”, le quali presuppongono, appunto, che l’omosessualità sia una “patologia da curare”, già il 12 maggio del 2010 il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia aveva deliberato di assumere la seguente posizione ufficiale: “L’Ordine degli Psicologi della Lombardia difende la libertà dei terapeuti di esplorare senza posizioni pregiudiziali l’orientamento sessuale dei propri clienti, segnalando che qualunque corrente psicoterapeutica mirata a condizionare i propri clienti verso l’eterosessualità o verso l’omosessualità è contraria alla deontologia professionale ed al rispetto dei diritti dei propri pazienti. Segnala inoltre che le cosiddette ‘terapie riparative’, rivolte a clienti aventi un orientamento omosessuale, rischiano, violando il codice deontologico della professione, di forzare i propri pazienti nella direzione di ‘cambiare’ o reprimere il proprio orientamento sessuale, invece di analizzare la complessità di fattori che lo determinano e favorire la piena accettazione di se stessi.”

Fonte blog di Marco Pasqua

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