Dopo la storica sentenza di ieri che ha visto condannare due poliziott per perquisizioni non autorizzate nei confronti di Massimo Mele, Paolo Giuliani e Gianuario Muntoni, crediamo sia utile ripercorrere le varie tappe della vicenda attraverso gli articoli dei giornali.
Da La Nuova Sardegna del 27/04/2005SASSARI. Clima che si sporca, intimidazione, coprifuoco elettorale. Massimo Mele, leader del Movimento Omosessuale sardo e candidato a sindaco con la lista “Liberiamo Sassari”, distilla il suo sdegno in un freddo comunicato. «Non farò commenti». Ma i fatti sono pesanti: fermato, condotto in Questura, denudato, perquisito nelle parti intime, trattenuto per ore. Il tutto senza un motivo plausibile.
Non era solo. Nella notte tra sabato e domenica, alle 2,30, insieme agli altri candidati alla carica di consigliere Paolo Giuliani e Gianuario Muntoni, faceva un giro di campagna elettorale in corso Vico. Una volante della polizia si accosta alla loro auto. «Favorite i documenti». Accertate le generalità, i tre sono invitati a scendere dalla vettura. «Abbiamo dovuto spiegare cosa ci facessimo in giro a quell’ora – si lamenta Mele – come se fossero necessarie giustificazioni per fare una passeggiata in città il sabato sera».
Arrivano altre due volanti, strada trafficata, lampeggianti accesi. Comincia la perquisizione. Gli agenti frugano approfonditamente dentro la macchina, dopodiché si passa alla ispezione corporale. Non trovano assolutamente nulla di ciò che cercavano. Ovvero tutto quello che è contemplato dalla legge 152 in materia di sicurezza: armi, sostanze esplosive, strumenti di effrazione.
«Non contenti – racconta Massimo Mele durante una conferenza stampa – ci hanno scortato in Questura». In effetti uno dei tre candidati, e più precisamente il conducente dell’auto, non aveva con se i documenti di guida. «Li abbiamo seguiti, pensando ad un normale controllo». Invece gli agenti li invitano a togliersi i vestiti per un’ispezione approfondita. Massimo Mele chiede di poter parlare con un loro diretto superiore. «Ne è seguito un rifiuto categorico. I poliziotti delle volanti – prosegue Mele – e quelli presenti negli uffici, sono arrivati da poco a Sassari. Si tratta dei rinforzi voluti dal ministro dell’Interno Pisanu a seguito degli ultimi episodi di eversione. Agenti per lo più di passaggio, che rimangono in città un paio di settimane. Prova ne sia l’utilizzo della carta intestata della Questura di Lecce nella compilazione dei verbali».
La perquisizione corporale va perciò avanti, e gli esponenti della lista vengono rilasciati solo alle sei del mattino. Ma nel frattempo in Questura erano sopraggiunti altri colleghi di partito, compreso Gavino Sale. «Anche ai nuovi arrivati vengono subito prese le generalità e fotocopiati i documenti di identità. Poi ci hanno detto che potevamo andarcene». L’indomani una delegazione di «Liberiamo Sassari» è andata dal questore Vincenzo Carrozza per chiedere spiegazioni. «Ci ha accolto gentilmente e si è scusato con noi per un eventuale comportamento scorretto da parte dei singoli, che nulla ha a che fare con la normale linea di condotta delle polizia». Solidarietà immediata per Massimo Mele è arrivata da Progetto Sardegna e dall’Arci: «La gravità della vicenda meritebbe una rilevanza nazionale».
Il candidato a sindaco del centrosinistra Gianfranco Ganau getta acqua sul fuoco: «Voglio essere certo che si sia trattato di un equivoco. Mi auguro che questa campagna elettorale possa continuare a svolgersi con serenità e correttezza».
Massimo Mele è d’accordo. In un primo tempo avrebbe voluto sollevare il polverone dopo le consultazioni di maggio. Poi è stato convinto a cambiare idea: «Ci chiediamo cosa stia succedendo a Sassari. Ha senso parlare di emergenza criminalità? La nostra è una città tranquilla. Non abbiamo certo bisogno di altri poliziotti, carabinieri e finanzieri. Serve più tranquillità sociale, rispetto delle regole democratiche e della convienza civile. Senza interferenze nella campagna elettorale e soprattutto nella vita normale dei cittadini».
SASSARI. I toni della denuncia sono stati sicuramente sobri. Ciò non toglie che il polverone si è sollevato ugualmente. La notizia che riguarda Massimo Mele, il candidato a sindaco portato in Questura, denudato e ispezionato nelle parti intime, solo per ragioni di sicurezza, ha fatto inevitabilmente discutere. E ha posto una serie di interrogativi sul clima di tensione che aleggia a Sassari.
Nessuna dichiarazione ufficiale da parte della polizia. Il questore di Sassari Vincenzo Carrozza, il giorno dopo l’episodio si era scusato con il candidato a sindaco della lista “Liberiamo Sassari”. Nei corridoi della Questura si parla di “eccesso di zelo”. La procedura seguita dagli agenti delle volanti che hanno fermato i quattro politici alle 2 di notte, li hanno perquisiti, ne hanno ispezionato l’auto e poi condotti in Questura, sarebbe stata regolare. Infatti, stando alle indiscrezioni, Massimo Mele non aveva con se documenti e alcuni dei fermati avevano precedenti. Ecco il motivo dei controlli ben più approfonditi, effettuati in seguito all’interno della Questura, e andati avanti sino alle 6 del mattino.
Il sindacato di polizia si dice dispiaciuto per le modalità del controllo. «Vogliamo precisare – afferma Davide Sechi, segretario regionale del Sap – che non si è trattato nè di intimidazione nè di discriminazione politica o quant’altro (Mele è anche leader del Movimento Omosessuale Sardo). Gli agenti che hanno effettuato il fermo non erano di Sassari, erano della Puglia, e non potevano conoscere i candidati. Non è stata di certo un’azione mirata».
Il candidato del centrosinistra Gianfranco Ganau ha smussato i toni, parlando di equivoco. Ma il fatto però che qualunque cittadino, privo di documenti, possa imbattersi nell’esame del guanto di lattice, in molti altri ha destato perplessità.
«Mi chiedo cosa sarebbe accaduto – si domanda il capogruppo dei Ds in consiglio comunale Antonio Capitta – se il medesimo trattamento i poliziotti lo avessero riservato agli altri candidati: a Ganau, a Milia, a Piana o alla Giudice o a Poddighe. Se le cose sono andate così come descritte da Mele, allora i metodi sono veramente da paese sudamericano».
Qualche riserva anche da parte del sindaco di Sassari Nanni Campus: «Le perquisizioni sono una prassi normale, ma a patto che sussista un sospetto legittimo. Francamente conosco Massimo Mele, e mi sembra una persona ben lontana dall’essere pericolosa. Detto questo c’è anche da dire che certi inconvenienti si possono evitare portando sempre in tasca i documenti. E i controlli della polizia sul territorio sono sempre necessari e opportuni».
Non la pensa così, invece, il leader dell’Irs Gavino Sale, il quale ha tra l’altro partecipato in prima persona alla vicenda, presentandosi in Questura alle 4 del mattino e prendendo le difese di Mele. Sull’episodio non vuole comunque ritornarci. Si limita ad una semplice considerazione: «Il ministro Beppe Pisanu parla di emergenza terrorismo, ha voluto più forze dell’ordine. Vediamo le cifre: in un anno le vittime dell’eversione sono state 4. I bambini uccisi dalle madri in Italia sono stati 60. Dove sta la vera emergenza?».
SASSARI. “Chi avvelena il clima elettorale in Sardegna?”. Lo chiede il deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli in una interrogazione al ministro dell’Interno Beppe Pisanu in relazione al fermo, avvenuto alcuni giorni fa, del candidato sindaco Massimo Mele (lista Liberiamo Sassari). L’episodio, spiega il parlamentare del Sole che ride, “è solo l’ultimo di una serie di episodi incresciosi che hanno avvelenato il clima elettorale. Il questore ha chiesto giustamente scusa per l’eccesso di zelo dimostrato dai pubblici ufficiali, che pare fossero dei ‘rinforzi’ voluti da Pisanu. Ma i controlli – prosegue Bulgarelli -, anche piuttosto fastidiosi, da parte di polizia e carabinieri ai simpatizzanti e candidati della lista Liberiamo Sassari sono continuati”.
“Bisogna constatare che questi ‘rinforzi’ sembrano agire secondo precise indicazioni, e in molti a Sassari si stanno domandando cosa stia succedendo in città. Per questi motivi – conclude il deputato dei Verdi – ho esplicitamente chiesto al ministro Pisanu se le forze dell’ordine abbiano avuto delle direttive tali da giustificare l’inspiegabile accanimento nei confronti della lista Liberiamo Sassari e, in caso contrario, quali misure intenda prendere per sanzionarne l’operato”.
Il pubblico ministero chiedeva di archiviare ma il gip ha ordinato l’imputazione coatta
Il leader del Mos fu portato in questura, denudato e sottoposto a ispezione personale
SASSARI. Imputazione coatta per i due poliziotti che la notte del 24 aprile 2005 sottoposero a una umiliante ispezione personale il candidato sindaco Massimo Mele, leader del Movimento omosessuale sardo, e tre sostenitori della sua lista. Lo ha deciso il giudice delle indagini preliminari Massimo Zaniboni, con una ordinanza che rigetta anche la seconda richiesta di archiviazione del procedimento penale avanzata dalla Procura della Repubblica.
Per il gip «pare necessario sottoporre la vicenda al vaglio processuale». Il giudice ha restituito gli atti al pm Andrea Garau, disponendo che formuli nei confronti dei due poliziotti l’imputazione di «perquisizione e ispezione personale arbitraria».
L’episodio risale alla campagna elettorale che precedette le ultime amministrative. Massimo Mele guidava la coalizione «Liberiamo Sassari» e venne fermato dalla polizia in corso Vico mentre, di notte, rientrava da un giro elettorale in compagnia di due candidati e di un simpatizzante. Antonello Casto e Guglielmo Cirino, agenti della Mobile di Lecce in distacco in città, dopo avere chiesto loro i documenti perquisirono gli occupanti dell’auto. Quindi li invitarono a seguirli in questura dove, dopo averli fatti denudare, procedettero a ispezioni corporali. La spiegazione ufficiale, fornita dopo l’esposto di Mele, fu che sussistevano i presupposti per l’applicazione della legge 152 in materia di sicurezza. La norma consente alle forze dell’ordine atti ispettivi in casi eccezionali di necessità e di urgenza che non consentono il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria.
Convincente per il pm, il quale ha ribadito la richiesta di archiviazione, tale motivazione è stata contestata dall’avvocato Pina Zappetto. Il legale si è opposto alla chiusura dell’inchiesta con argomentazioni condivise dal giudice delle indagini preliminari.
Il gip (lo stesso che dopo la prima richiesta di archiviazione invitò il pm ad acquisire alcune testimonianze) ha spiegato nella ordinanza i motivi della imputazione coatta. «Non pare dubitabile che gli indagati abbiano sottoposto a perquisizione personale le persone offese – scrive il giudice – e che detta perquisizione fosse finalizzata, come nei loro verbali attestano, alla ricerca di armi, esplosivi o strumenti di effrazione». «Orbene, senza voler sindacare i presupposti legittimanti tale attività, che ha comunque dato esito negativo – prosegue il giudice -, deve osservarsi come la materialità del reato risieda nell’esistenza di un legittimo intervento degli organi di polizia, attuato però con modalità abusive e non conformi alle disposizioni che li prevedono». Per il gip la 152, invocata dagli agenti al fine di eseguire le perquisizioni, consente solo perquisizioni “sul posto” «mentre le persone offese – scrive – furono nuovamente perquisite, con modalità particolarmente invasive, anche in questura dove erano state accompagnate per l’identificazione».
8 dic 2009 Si aprira’ domani, mercoledi’ 9 dicembre, al Tribunale a Sassari il processo contro i due agenti della Polizia di Stato del Reparto Anticrimine di Bari, (in quel periodo in servizio a Sassari in supporto alla Squadra Volante), accusati di ispezione abusiva per aver portato e trattenuto in questura tre esponenti del Movimento omosessuale sardo (Mos) durante la campagna elettorale per le elezioni amministrative del 2005 di Sassari. Pochi giorni prima del voto il presidente del Mos, Massimo Mele, all’epoca candidato a sindaco, e due esponenti della lista ”Liberiamo Sassari” Paolo Giuliani e Gianuario Muntoni denunciarono di essere stati perquisiti in mezzo alla strada, mentre affiggevano manifesti elettorali, e poi accompagnati in Questura e trattenuti alcune ore prima di essere rilasciati. Negli uffici della Polizia – denunciarono gli esponenti del Mos – ci fu un’ulteriore perquisizione e un’ispezione intima che secondo gli esponenti del movimento omosessuale fu eseguita con ”abuso di autorita’ generato da una malcelata omofobia”. I due esponenti del Mos Massimo Mele e Paolo Giuliani si sono costituiti parte civile con l’avvocato Pina Zappetto. Dopo l’episodio la Questura parlo’ di un normale controllo alla ricerca di armi che pero’ diede esito negativo.
Due anni fa gli agenti erano stati rinviati a giudizio dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Sassari Massimo Zaniboni.
SASSARI. Due poliziotti alla sbarra per la perquisizione e l’ispezione intima cui furono sottoposti nel 2005 l’allora candidato sindaco, Massimo Mele, e gli aspiranti consiglieri comunali della lista Liberiamo Sassari, Paolo Giuliani e Gianuario Muntoni. Domani, a cinque anni dalla denuncia del leader del Mos (Movimento omosessuale sardo), gli agenti Antonello Casto e Guglielmo Cirino, uomini della Mobile di Lecce in quel periodo in distacco in città, dovranno difendersi davanti al giudice dall’accusa di «perquisizione e ispezione personale arbitraria». I fatti che saranno rivissuti domani in aula di via Roma, risalgono alla notte del 24 aprile 2005, quando in città si consumavano gli ultimi giorni della campagna elettorale per l’elezione del sindaco e del Consiglio comunale. Massimo Mele era in corsa per la carica di primo cittadino, sostenuto dalla lista Liberiamo Sassari. I tre candidati, in compagnia di un amico, furono fermati in corso Vico con l’auto carica di manifesti elettorali che stavano distribuendo per la città. Gli agenti dopo avere identificato i ragazzi (tranne Massimo Mele, che non aveva con sé i documenti) perquisirono da cima a fondo l’automobile, e poi invitarono i tre della lista civica a seguirli in questura. Qui li fecero denudare e li sottoposero a un’ispezione personale, controllando anche le loro parti intime. Secondo la denuncia presentata successivamente da Massimo Mele, i poliziotti giustificarono tanto zelo sostenendo che in base alla legge 152 in materia di sicurezza, dovevano fare dei controlli accurati alla ricerca di armi, esplosivi o strumenti di effrazione. Addosso non gli fu trovato nulla, ma i tre ragazzi furono rilasciati solo alle 6, dopo che decine di persone, compreso il leader dell’Irs, Gavino Sale, allora candidato alla presidenza della Provincia, si presentarono in questura per chiedere notizie dei ragazzi e garantire sulla loro identità. Qualche giorno più tardi Mele presentò un esposto in Procura. Nel 2007 il pm Andrea Garau chiese l’archiviazione per i due poliziotti, ma il gip Massimo Zaniboni la rigettò per ben due volte, e firmò un’ordinanza con cui dava disposizioni al pm per formulare nei confronti dei due agenti l’imputazione di perquisizione e ispezione personale arbitraria. (v. g.)
La Nuova Sardegna 01/04/10SASSARI. Furono perquisiti per strada e poi portati in questura, dove furono costretti a denudarsi e a subire ispezioni corporali. Ieri mattina, in tribunale, il leader del movimento omosessuale sardo, Massimo Mele, ha raccontato i fatti avvenuti la notte del 24 aprile 2005.
Sul banco degli imputati, due poliziotti di Lecce, Antonello Casto e Guglielmo Cirino, difesi dall’avvocato Pierangelo Trudda, accusati di avere sottoposto a perquisizioni e ispezioni arbitrarie quattro persone. Massimo Mele, all’epoca dei fatti, era candidato a sindaco nella lista «Liberiamo Sassari». In macchina con lui c’erano due candidati a consiglieri e un sostenitore della lista. Quando erano le 2,30 del mattino e percorrevano corso Vico l’auto sulla quale viaggiavano fu fermata dalla polizia.
Nell’udienza di ieri mattina, rispondendo alle domande del pm e del giudice Giuseppe Grotteria, Mele ha ricordato quella notte. «In due eravamo sprovvisti di documenti – – ha ricordato Mele -. Le mie generalità erano ampiamente dimostrate dai tanti volantini e manifesti elettorali che avevamo in auto. Nonstante questo, ci perquisirono per strada. La situazione, però, precipitò quando annotai il numero di targa dell’auto della polizia. L’agente Antonello Casto cercò di strapparmelo di mano, poi ci dissero che li avremmo dovuti seguire in questura. Una volta arrivati, ci fecero entrare uno per volta in una stanza. Fummo tutti costretti a denudarci e a fare flessioni. Con un guanto di lattice mi ispezionarono le parti intime. Alla fine rilasciarono gli altri e a me dissero che mi avrebbero trattenuto. Quando erano le 6 del mattino, arrivarono in questura decine di persone dal locale Governo Provvisorio. La situazione rischiava di precipitare, così con la garanzia del documento di Gavino Sale, leader dell’Irs, mi fecero andare via». Ieri è stata sentita anche un’altra delle parti offese, Paolo Giuliani, che con Massimo Mele è rappresentato dall’avvocato Pina Zappetto.
SASSARI. «Tutto quello che hanno fatto i colleghi era legittimo». Secondo il capoturno della centrale operativa della questura in servizio la notte del 24 aprile 2005, la perquisizione personale cui vennero sottoposti il leader del Mos (Movimento omosessuale sardo) Massimo Mele e Paolo Giuliani fu una operazione regolare. Ieri il poliziotto ha testimoniato al processo che vede Antonello Casto e Guglielmo Cirino, poliziotti di Lecce, accusati di abuso di autorità nei confronti dell’ex candidato sindaco della coalizione «Liberiamo Sassari».
Il testimone, citato dagli avvocati difensori Pierangelo Trudda e Salvo Fois, ha risposto alle domande della difesa, del pm Giuseppe Sanna, dell’avvocato di parte civile Pina Zappetto e del giudice Giuseppe Grotteria. Mele e Giuliani sostengono di avere subìto una umiliante e ingiustificata ispezione corporale. Oltre ad asserire la correttezza dei colleghi, all’epoca in città per la campagna elettorale delle amministrative, il teste ha detto di non avere assistito alle perquisizioni. «Mele mi disse che si sentiva umiliato – ha detto – perché gli erano stati fatti calare i pantaloni». Ma la parte civile pensa che quella notte, in questura, qualcuno abbia abusato del suo ruolo. Il processo prosegue.