In Nigeria la situazione per gli omosessuali è tutt’altro che facile: avrete appreso senz’altro la notizia dell’approvazione di una legge che impone agli omosessuali di non contrarre matrimoni gay (pena prevista: dai dieci ai quattordici anni); di non rendere pubblica la propria relazione omosessuale (pena prevista: dieci anni); infine, di non frequentare o gestire locali gay (pena prevista: sempre dieci anni); e sono soltanto alcune – queste – delle imposizioni: ne esistono molte altre, di lieve entità, che quasi fanno rimpiangere la Russia.
Come hanno reagito i vescovi dinanzi a questa palese soppressione dei diritti individuali? Leggete un po’ queste parole e preparatevi al peggio, perché ne arriveranno senz’altro delle altre nei prossimi giorni:
“[L’approvazione della legge è] una coraggiosa e chiara indicazione della capacità del nostro grande paese di ergersi a protezione dei più alti valori delle culture nigeriane ed africane circa l’istituto del matrimonio e la dignità della persona umana, senza cedere alle pressioni internazionali volte a promuovere pratiche immorali di unioni omosessuali e di altri vizi correlati”.
Dichiarazioni dell’arcivescovo Ignatius Kaigama, presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, in una lettera di ringraziamento al Presidente dello stato, a nome di tutti gli altri uomini di chiesa: sì, avete letto bene e non si tratta di uno scherzo. Anche perché questa vergogna continua:
“La ringraziamo per questa coraggiosa e saggia decisione […] e preghiamo che Dio continui a benedire, a guidare e a proteggere lei e la sua amministrazione contro la cospirazione del mondo sviluppato per fare del nostro paese e continente una discarica per la promozione di tutte le pratiche immorali, che devastano il progetto di Dio per l’uomo”.