Mitcham: niente sponsor a quel campione: è gay

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Di Massimo Mele il 9 Agosto 2012. Nessun commento

Il plurimedagliato 24enne tuffatore australiano Matthew Mitcham è rimasto a lungo senza sponsor e ufficio stampa che ne promuovesse l’immagine nella pubblicità. Se non si fosse fatta viva all’ultimo momento una marca nazionale di intimo maschile, non avrebbe nemmeno potuto pagarsi la trasferta per le XXX Olimpiadi. Il coming out è costato carissimo

Alcune settimane fa, Mosinforma ha pubblicato un elenco di atleti delle olimpiadi apertamente gay, tra cui Matthew Mitcham, uno degli unici due maschi apparsi nell’elenco. Matthew, però, ha rischiato di non andare alle Olimpiadi perché unico del suo Paese apertamente dichiarato è stato apertamente boicottato dalle marche multinazionali dell’abbigliamento sportivo.
E già qui verrebbe da sorridere perché occorrerebbe spiegare, a questo punto, come mai se non ci sono atleti gay a Londra a parte Matthew, come mai il server di Grindr, nota chat di incontri gay geo localizzati, sia andato in black out per il sovraccarico di connessioni nella zona del villaggio olimpico, notizia di Wired di alcuni giorni fa.
Tra i ragazzi olimpici, ce ne sono di bellissimi: americani, neo zelandesi, tuffatori sconosciuti in pose plastiche e un po’ soft erotico B movie anni ’80, come quella celeberrima del tuffatore Tom Daley affranto e sconsolato, ma noi adusi all’omofobia strisciante notiamo sempre un grande assente in tutte le gallerie: il nostro Matthew Mitcham.
Biondo, fisico scultorio disegnato dagli allenamenti, occhi chiari. Strano che non ci sia, sarà una dimenticanza, un banale refuso. Di Matthew non c’è traccia. Da un’intervista sul Telegraph di Londra si scopre che oltre a non comparire su nessuna galleria degli atleti più belli non ha nemmeno uno sponsor e di conseguenza un ufficio stampa che lo segue e ne promuova l’immagine.

Come? Le aziende internazionali soprattutto di abbigliamento sportivo, per fare qualche esempio le multinazionali Adidas, Arena, Nike, Reebok, Umbro, Puma, fanno a gara per sponsorizzare anche gli scarti di corsia, basta che abbiano un bel fisico per propinarceli in cartelloni e réclame varie ed eventuali e qui abbiamo un pluri medagliato a Pechino che deve pagarsi la trasferta dall’Australia a Londra perché nessuno lo sponsorizza? E perché mai?

A Matthew è costato caro uscire allo scoperto. Si sa molto bene anche in Italia quanto è difficile trovare qualcuno che abbini il proprio nome commerciale al target gay facendo pubblicità. Onore quindi all’Aussiebum, nota marca australiana d’intimo e swimwear, per averlo sponsorizzato coprendo parzialmente le spese per arrivare fino a Londra. E vergogna al grande circo mediatico commerciale internazionale per come si comporta nei confronti di un campione che, essendo felicemente fidanzato probabilmente non contribuirà a far crollare i server di Grindr, ma che ha il grave torto di aver squarciato il velo di ipocrisia che copre gli atleti gay, vivendo il proprio orientamento sessuale in maniera aperta e fiera

Fonte ilvostro.it

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