Questo matrimonio s’ha da fare! E’ questo che devono aver pensato Giuseppe e Ivan, due ragazzi di due piccoli paesi sardi, dopo aver constatato l’impossibilità ad iscriversi nel registro delle Unioni Civili di Sassari o Cagliari in quanto non residenti nei due comuni. Come fare? L’idea arriva parlando con Jessica e Michela, le due ragazze di Carbonia che lo scorso Dicembre sono convolate a Nozze a Napoli. Un matrimonio simbolico ma considerato da entrambe moralmente vincolante. Ad officiare la cerimonia era stato don Rosario Ferrara, sacerdote della Chiesa Cattolica Ecumenica, riconosciuta dallo Stato italiano, che approva i doveri coniugali tra persone dello stesso sesso. I due contattano don Rosario che si dice disponibile e decidono di compiere il grande passo: si sposeranno ufficialmente con un rito tradizionale sardo a Jerzu.
Giuseppe ha fatto coming out da poco più di un anno. Sa che per i genitori non è stato facile accettare la sua omosessualità e il suo compagno, ma il desiderio di unirsi in matrimonio con Ivan, con cui convive da tempo, è più forte di qualunque remora. “Non ho trovato grandi ostilità al nostro progetto” ci dice Giuseppe “anche se diversi amici hanno mostrato molti dubbi”. “Perché non vai all’estero? Qui il matrimonio non è riconosciuto. Butti via i soldi” gli hanno detto. Ma tra un matrimonio all’estero ed uno simbolico in Sardegna non c’è differenza, tanto lo Stato italiano non lo riconosce, per cui meglio in Sardegna con amici e familiari. La voce si sparge e le battute fioccano, tanto che il padre di Giuseppe comincia ad avere dei dubbi che lo porteranno a disertare la cerimonia. “Peccato, ma spero che tra qualche tempo anche lui lo accetti” sussurra Giuseppe. Mamme, familiari e amici invece saranno presenti alla cerimonia ed alla festa che segue, al lancio del riso ed alla rottura dei piatti e molti si commuoveranno durante l’omelia di padre Rosario durata circa mezz’ora. Prima del matrimonio un piccolo intoppo: in paese la notizia non è stata accolta benissimo e alcuni giovani si sono dati appuntamento nella piazza armati di uova e altre verdure da tirare ai “promessi sposi”. Piccolo cambio di percorso per evitare “l’imboscata” e Giuseppe e Ivan raggiungono senza problemi il ristorante in cui avrà luogo la cerimonia.
Da qui in poi è l’emozione a prendere il sopravvento, tanto che Giuseppe sbaglia le parole della sua promessa. I due sono talmente emozionati che non riescono a trattenere le lacrime. Ma non manca l’ironia. “Fregato!” esclama Giuseppe infilando l’anello. La cerimonia è finita, Giuseppe e Ivan si baciano. Il loro sogno è diventato realtà. Gli amici urlano e si complimentano, le mamme si asciugano qualche lacrima e abbracciano i figli. Un matrimonio è sempre un matrimonio.
“Mi sono trasferito a casa di Ivan ma non ho spostato la residenza, anche se conto di farlo quanto prima. Ora inizia la nostra vita coniugale, per noi quella cerimonia è valida a tutti gli effetti. Se poi l’Italia si doterà di una legge sui matrimoni gay il nostro verrà riconosciuto senza ulteriori passaggi”. Un ultimo appello alle coppie gay e lesbiche: “Se sognate di sposarvi, fatelo! Non aspettate una legge che forse non vedrete mai. Quello che conta è il vostro rapporto e il vostro amore. Noi ora siamo una famiglia e nessuno potrà mai dire il contrario”.
“L’amore vero sfida il mondo, va controcorrente, si preoccupa del benessere reciproco – scrive il sacerdote a commento della cerimonia -. Dio ce lo insegna. Il suo amore ha vinto, ha permeato la storia. E chi si apre a quell’amore, comprende il senso vero della vita: Croce e Resurrezione”.
Auguri da Mosinforma e speriamo che presto i matrimoni tra coppie dello stesso sesso vengano celebrati anche da Sindaci e preti comuni e non solo da pochi e coraggiosi pionieri come don Rosario.
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