Lucio Dalla aveva relazioni con uomini ma, come disse lui in un’intervista nel 1979, non era “omosessuale”. Il senso di questa affermazione è che lui non si sentiva appartenere al “mondo omosessuale”, per cui, pur avendo relazioni sentimentali e sessuali con uomini, non si definiva omosessuale ma “sessualmente disponibile”. Un concetto chiaro ma di difficile comprensione se non contestualizzato. Lucio Dalla appartenenva ad un’altra generazione di omosessuali sia temprale che culturale. Non semplice opportunismo legato ad un fattore commerciale ma il difficle tentativo di coniugare sessualità, lavoro e spiritualità. Forse per questo la sua sessualità suscita oggi così tanto clamore e imbarazzo.
Le polemiche seguite all’intervento del suo copmpagno al suo funerale fanno riflettere, ma sono anche la rappresentazione triste dolorosa della profonda omofobia di cui è intrisa la nostra cultura. Pubblichiamo di seguito l’articolo di Repubblica.it sulle polemiche di questi giorni e, di seguito, l’intrervista da lui rilasciata alla rivista GLBT Lambda nel 1979.
Quella bara nella basilica di San Petronio ha riunito la città nella sua chiesa mentre attorno alla cerimonia si scatena la bufera della comunità gay. Esequie sorvegliatissime dalla Curia. Da una parte le parole d’affetto di padre Bernardo Boschi, frate domenicano che durante l’omelia si rivolge direttamente al compagno di Lucio Dalla, Marco Alemanno, parlando della “scossa” provocata dalla notizia della sua morte: “Un tonfo… direi quasi crudele, vero Marco?” (video). E dall’altra le parole di Monsignor Gabriele Cavina, che annuncia Alemanno come “collaboratore” di Dalla, e che nell’istante della Comunione invita la platea a rispettare il precetto: “Chi desidera accostarsi all’Eucarestia e si trova in peccato mortale, prima ricorra al sacramento della Confessione e faccia penitenza”.
È proprio Alemanno del resto, col suo strazio, il suo dolore gridato in San Petronio, a dare un senso alla cerimonia che in via Altabella sembrano avere subìto: significativa l’assenza e il silenzio del cardinale Carlo Caffarra e del suo numero due don Giovanni Silvagni. Un dibattito che si scalda non appena la cerimonia si conclude, senza le musiche di Dalla, come del resto aveva suggerito la Cei per evitare la spettacolarizzazione del funerale. Eppure alla cerimonia c’è padre Idelfonso Chessa,
che da anni seguiva il percorso spirituale di Dalla, e c’è Bernardo Boschi, il frate amico e confessore di Dalla che esordisce, nella sua omelia, augurando “Buon compleanno” all’artista, che proprio ieri avrebbe compiuto 69 anni.
Boschi loda Dalla come “figlio vero” di Bologna, parla di lui con affetto: “Certo, ci ha lasciato in un modo impensato, inedito, e questo è Lucio. Anche se, certo, questo tonfo… quasi crudele, vero Marco?… ci ha lasciati tutti più soli, più tristi”. Parlando a braccio, Boschi ricorda lo “spirito ironico” di Dalla, che non esita a definire di “clownesca creatività”, e dissemina il suo discorso del suo gergo, dal “secondo tempo della vita”, come l’artista definiva l’aldilà, alla “vita che verrà”. “La terra finisce e là comincia il cielo”, ancora un verso di canzone nell’omelia di padre Boschi, per dire che quelle sue canzoni Lucio le “attingeva dalla profondità, aveva una profonda sete di Dio, dell’assoluto”, per dirgli che “questo popolo ti capisce, ci hai lasciato la tua insostenibile leggerezza dell’essere”. E poi il saluto: “Tu ci davi serenità e gioia. Ti abbracciamo”. Mentre i frati francescani di Assisi, che hanno inviato un messaggio, immaginano Dalla “volare in cielo insieme a San Francesco”.
Ma l’impressione che sulla cerimonia permanesse una cappa di “non-detto” esplode appena la cerimonia si conclude. Dopo che nei giorni scorsi Franco Grillini, presidente Gaynet, aveva parlato di “zuccherosa ipocrisia”, ieri anche Lucia Annunziata ha parlato del funerale come di “uno degli esempi più forti di ipocrisia: vai in chiesa e ti concedono i funerali, basta che non dici di essere gay”. Parole ieri riprese dallo stesso Grillini: “Se Dalla fosse stato gay dichiarato non gli avrebbero mai fatto i funerali in chiesa”.
Bagarre anche su Twitter, dove fa discutere la richiesta non comune di non fare la Comunione per chi è in peccato mortale: “Essere “collaboratori” è peccato mortale?”, “Lo diranno anche ai mafiosi?”, i messaggi. Così come viene giudicata ipocrita la definizione di “amico e collaboratore” di Alemanno, che da anni vive da Dalla, anche se né lui né l’artista si sono mai definiti compagni. “Ho pianto con Alemanno… che splendida dichiarazione d’amore”, “Sentite condoglianze a Marco Alemanno per la morte del suo compagno Lucio Dalla”, si legge sul social network. Tra questi, anche quello del capogruppo Pd Sergio Lo Giudice, che loda le agenzie di stampa che per la prima volta definiscono Alemanno “compagno” di Dalla: “Finalmente”. A chiosare, sempre su Twitter, è il leader Udc Pierferdinando Casini, che stempera così: “Le parole di Alemanno sono una bella testimonianza di amicizia e affetto”.
Tu che ti collochi nell’area culturale e intellettuale del PCI (Partito Comunista Italiano) non ritieni che una tua eventuale dichiarazione di omosessualità darebbe un grosso contributo a che finalmente tale area assumesse una posizione precisa e politica sulla tematica gay?
No! A parte che non è proprio così. Non mi interessa parlartene perché dovremmo stare per giorni interi, ma poi mi sembra così poco informativo, poco divulgativo, e poi credo proprio che non ve ne sia bisogno nel caso fosse vero. Io sostengo, invece, da tempo, che sul piano dell’ortodossia dei propri sentimenti, della propria sessualità, che ognuno deve comportarsi sempre correttamente secondo quella che è la sua organizzazione mentale, la sua organizzazione sociale, ma da qui a fare delle dichiarazioni di voto mi sembra ridicolo… Non appartengo a nessuna sfera sessuale…
Ma non è una dichiarazione di voto; tu sai di avere oggi un certo seguito, hai un grosso pubblico, una grande area culturale giovanile che ti guarda con simpatia, non potresti…
Ma no cazzo, ma non è vero! Non si tratta di nessuna area culturale, io sono un canzonettaro che fa canzoni come tutti i miei colleghi e questo vorrei che fosse chiaro soprattutto a quelli che utilizzano le mie canzoni, cioè con serenità quelle che sono serene, con rabbia quelle che si esprimono con rabbia, ma è un momento questo che non faccio canzoni ‘arrabbiate’. Quindi il mio è un atteggiamento completamente scollato da una forma di problematica che in qualche modo diventa violenta anche se solamente nelle dichiarazioni, soprattutto quando sono inesatte. Hai capito? Ti dico, purtroppo sono un uomo isolato, ecco perché mi rifiuto di collocarmi nell’area culturale del PCI, col quale non ho nessuna ‘area culturale’ in comune. Sono un uomo abbastanza appartato anche a livello di sentimenti. Sono solo perché lo voglio essere, organizzo il mio mondo strettamente e forse malinconicamente ma con coraggio, molto vicino al mondo del lavoro per cui il fatto stesso di comunicare alla gente, a tanta gente, è una esemplificazione di tante tensioni, che sono tensioni emotive e a volte anche tensioni sessuali, senza fare del francescanesimo perché non sono San Francesco, non lo voglio essere e non lo penso nemmeno.
Capisci perché insisto sulla tua omosessualità?
La mia sessualità probabilmente è uguale alla tua come è uguale all’omosessualità di tanti altri. Cioè io non mi sento omosessuale, questo è il problema di fondo, hai capito? Ti ripeto, credo che ogni uomo, e l’ho anche detto e scritto in alcune canzoni, debba organizzare la sua sessualità per quello che sono le sue richieste; è in questo senso che credo nell’organizzazione; però non mi sento omosessuale e mi sembra imbecille che dica di esserlo e mi sembrerebbe ancora più imbecille se mi sentissi omosessuale e non lo dicessi. Hai capito? Ho un grande rispetto per gli omosessuali come per tutti gli uomini in genere anche per quelli che in realtà mi sembrano miei nemici, ma credo che il rispetto sia la costante che si debba avere per qualsiasi situazione di diversità, anche fisica, razziale… Quando c’è un pubblico che delle volte mi accoglie male non sono mai violento, repressivo, autoritario, perciò non mi piacciono queste cose su di me e quindi non le voglio riversare. Non mi sento omosessuale, ma veramente, spero che lo capisca: non mi sento omosessuale. Mi sento pronto e disponibile a tutte le situazioni di amore, di affetto, di amicizia, di sentimenti, di tenerezza. Ecco, questo vuol dire che sono un uomo disponibile, ma fondamentalmente la mia cultura non è una cultura omosessuale, il mio modo di organizzare il lavoro non è omosessuale, ho amici quasi tutti eterosessuali non per mia scelta ma per una serie di contatti che sono legati al mio lavoro; ho anche amici omosessuali che rispetto e ai quali voglio molto bene e che tratto come qualsiasi altro amico. “Trattare”, però, è già una parola sgradevole. Ho un rapporto di grandissima stima e di grandissima correttezza, ecco, questo è il massimo che posso dire e non credo vi sia una causa perché mi sembra una forma di ghettizzazione anche questa. E poi in realtà sono un uomo molto confuso, sono un uomo confuso in tutto, ma credo che gli uomini abbiano il diritto ad essere confusi, perché sono sgradevoli gli uomini che si ritengono conclusi, perché in effetti la parola conclusa è una parola limitativa. E poi come sai, io sono vecchio, ho trentasei anni, ma non sono vecchissimo. Spero di cambiare. Magari se ci vediamo fra tre anni io ti faccio tutte le dichiarazioni che vuoi, è possibile.
Guarda, però, questa è la mia prima intervista che faccio e ti dirò che non so neanche come si fa, quali devono essere le domande… Però ti ringrazio perché sei una persona molto tenera.
Grazie! Vuoi parlare dello spettacolo di stasera? Lo spettacolo è uno spettacolo abbastanza aperto, parte dalla voglia di stare insieme; mia, di Francesco, di Ron, dei musicisti e soprattutto di stare insieme alla gente perché altrimenti non ci sarebbe ragione di fare questa iniziativa. È un’occasione per far musica e la musica è importante.
(Intervista di Felix Cossolo, tratto da Lambda n. 23, anno 4° – settembre-ottobre 1979)