“L’accento nel lavoro è sui diritti civili negati, è un film che contribuisce a restituire una memoria, per non dimenticare che i gay hanno pagato un consistente tributo di sangue”. Giovanni Coda
Mercoledì 29 Maggio, ore 20:45, all’Auditorium Provinciale in via Monte Grappa 2/c, Il Movimento Omosessuale Sardo, in collaborazione con MAB Teatro e Libreria Odradek presentano, per la prima volta a Sassari, “Il Rosa Nudo”, ultimo film di Giovanni Coda, che sarà presente in sala insieme a parte del cast.
La proiezione verrà preceduta da una presentazione alle ore 18:00 alla Libreria Odradek con il regista, Giovanni Coda, la drammaturga Francesca Falchi, Salvatore Ligios, docente di fotografia all’Accademia delle Belle Arti di Sassari e Caterina Mura, presidentessa dell’ANPI.
Girato principalmente dentro all’ex cartiera di Quartu Sant’Elena, e il poligono di tiro in abbandono di Siliqua, “Il Rosa Nudo” è un’opera a metà tra documentario in bianco e nero e fiction video sperimentale. Una fotografia essenziale, un’ambientazione scarna e incisiva obbliga lo spettatore all’ascolto della voce narrante, che arriva densa e sferzante e non fa sconti al suo attonito e partecipe interlocutore. Una pellicola che vuole rompere un silenzio, quello sulle atrocità e torture che gli omosessuali usati come cavie hanno subito nei campi di concentramento nazisti. E’ la storia di Pierre Seele autore nel 1982 dell’autobiografia coming out ‘Moi, Pierre Seel, deportè homosexuel’, scritto in collaborazione con Jean Le Bitoux. “Imprigionato a 17 anni, torturato nel campo di Schirmeck e marchiato con il triangolo rosa – spiega Coda – assiste alla morte del proprio compagno, lasciato sbranare vivo dai cani”.
Dopo la persecuzione e le torture nei campi di concentramento, Pierre vive una seconda “deportazione”: tornato in Patria, dopo la “liberazione del 1945”, dovrà nascondere a lungo la ragione per cui venne incarcerato dai nazisti, quella omosessualità che ancora a lungo, nelle “democrazie occidentali”, rimase un crimine o una profonda vergogna. Per questo i pochi omosessuali che sopravvissero alla follia nazista non poterono gioire con gli altri della liberazione. In Germania come nel resto d’Europa l’omosessualità era ancora causa di internamento, in galera come nelle case di cura. Pierre decise di nascondere al mondo il suo dramma, si sposò e diventò padre di tre figli. Fino al 1982 quando non riesce più a trattenere il dolore e decide di denunciare l’orrore subito sotto il nazismo e la mancata liberazione di gay e lesbiche in quel lontano 1945. “Il prezzo del coming out è altissimo – ricorda Coda – l’isolamento, l’abbandono da parte della sua famiglia. Solo nel 2002, tre anni prima della sua morte, gli viene riconosciuta la condizione di vittima dell’olocausto. Per questo suonano così vere le sue parole: ‘la liberazione, quella vera, era per altrì”.
Per anni Governi ed ex deportati rifiutarono di riconoscere la persecuzione omosessuale, i triangoli rosa, vietando a gay e lesbiche di partecipare alle commemorazioni ufficiali, negando loro lo status di vittime della persecuzione nazista, specialmente nella Germania del Paragrafo 175, l’articolo del codice penale tedesco che puniva il reato di sodomia, che venne cancellato solo nel 1994 dopo aver riportato in carcere, con l’accusa di omosessualità, diversi ex internati nei lager nazisti. Per loro la liberazione non era ancora arrivata.
Posto unico: 5 euro
Riduzioni studenti di ogni ordine e grado: 3 euro
Prevendite: 3427738828 – 3497817180
L’iniziativa si inserisce nel percorso di Diritti al cuore DOC, manifestazione contro omofobia, razzismo e sessismo che si concluderà Sabato 8 Giugno con un grande corteo per le vie della città ed un concerto in piazza Tola.
Per maggiori informazioni www.dirittialcuore.org
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