REGGIO EMILIA. C’è voluta la sentenza del tribunale di Reggio Emilia, ma alla fine un giovane uruguayano ha ottenuto il permesso di soggiorno dalla questura grazie al suo matrimonio, contratto in Spagna, con un cittadino italiano. Rientrano così, sia pure dalla finestra delle normative europee, quei diritti delle coppie gay che la nostra legislazione ha tenuto finora alla porta. La questura reggiana, che in un primo tempo aveva respinto l’istanza del cittadino straniero, gli ha concesso il sospirato documento. Motivo: secondo il giudice, va applicato il principio della libera circolazione dei cittadini europei e dei loro familiari. Una decisione destinata a lasciare il segno, come dimostra l’entusiasmo con cui le associazioni gay l’hanno accolta. La coppia, intervistata dal Resto del Carlino, tempo fa aveva commentato: «Noi vorremmo che il nostro matrimonio fosse riconosciuto anche in Italia e siamo disponibili con “Certi diritti” (l’associazione che li ha sostenuti e che ieri ha dato notizia sul suo sito della sentenza, ndr) a continuare questa battaglia. E’ bruttissimo sapere che nel 2012 noi non esistiamo per lo Stato italiano».
I due si erano conosciuti a Palma de Mallorca, in aeroporto, avevano convissuto per due anni prima di sposarsi. Poi hanno tentato la strada della convivenza a Reggio Emilia, dove Flavio vive fin da bambino e dove Rafael, questo il nome del giovane straniero, aveva deciso di seguirlo. Una strada in salita, segnata da subito dal rifiuto della questura reggiana di rilasciare il permesso di soggiorno al cittadino uruguayano perché nel nostro Paese le nozze fra omosessuali non sono riconosciute dalla legge.
Ma la coppia non si è arresa e il legale Giulia Perin ha presentato ricorso, in accordo con l’associazione Certi Diritti, non perché venisse preso atto del matrimonio, ma in ossequio alle norme europee sulla libera circolazione dei cittadini europei, norme Ue ratificate dall’Italia che devono quindi essere applicate anche da noi. Il riferimento normativo è una direttiva del 2004, sul riconoscimento del diritto di soggiorno ai familiari, anche stranieri, dei cittadini dell’Unione. I ricorrenti si sono anche richiamati alla sentenza della Corte di Cassazione dell’anno scorso che prevede come la nozione di coniuge debba essere determinata alla luce dell’ordinamento di altro Paese in cui il vincolo matrimoniale sia stato contratto, oltre a stabilire che lo straniero che si sia sposato in Spagna con una persona dello stesso sesso debba essere qualificato come «familiare» ai fini del diritto di soggiornare in Italia.
Anche la Corte costituzionale del resto ha affermato in una sentenza del 2010 che all’unione gay, intesa come «stabile convivenza», spetta «il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia» e che il «diritto all’unità della famiglia che si esprime nella garanzia della convivenza del nucleo familiare costituisce espressione di un diritto fondamentale della persona umana».
La deputata del Pd Anna Paola Concia ha commentato la sentenza come un segnale chiaro alla politica, sottolineando come la magistratura italiana sia chiamata, suo malgrado, «a riempire un vuoto normativo che ormai risulta inaccettabile per un Paese che vuole stare in Europa. Le coppie omosessuali hanno dei diritti che devono essere garantiti e tutelati. Adesso è il tempo del Parlamento italiano, che ha il dovere di fare una buona legge».
(Articolo tratto dall’edizione cartacea di La Stampa del 27 marzo 2012)