Dopo l’esposto in Procura e la denuncia ai carabinieri presentate dalla Provincia arrivano le prime reazioni. «Non ci rassegniamo a sparire». È la risposta secca degli artisti che da cinque mesi occupano l’ex questura di Sassari. L’eventualità di uno sgombero non li preoccupa e si dicono anche disponibili alla trattativa
di Nadia Cossu
SASSARI. «Non ci rassegniamo a sparire». È la risposta secca degli artisti che da cinque mesi occupano l’ex questura di Sassari. L’eventualità di uno sgombero non li preoccupa. Sarà che ormai quel “regno” dell’arte lo sentono un po’ loro, sarà che le attività pulsano e che sempre più gente bussa alla porta di vetro e chiede ospitalità per dare sfogo all’estro. Sarà tutto questo e molto di più ma per i giovani «occupanti» c’è un solo punto fermo: «Da qui non andremo via».
Non si scompongono poi così tanto dopo la denuncia ai carabinieri e l’esposto in Procura presentati dalla Provincia di Sassari (proprietaria dello stabile). Loro in fondo sanno molto bene che «è l’unicità di questo spazio a far paura». E vanno avanti, «senza bandiere» tengono a precisare.
Per spiegare il senso dell’«unicità» di cui parlano gli artisti bisognerebbe vedere con i propri occhi ogni più piccolo angolo dello stabile: dagli uffici della Digos, a quelli del personale, all’archivio di gabinetto dove, tanto per fare un esempio, oggi è nato il primo laboratorio teatrale, per arrivare all’alloggio del questore dove invece c’è un maestro che insegna arti marziali.
Si respira un’aria nuova, in via Coppino, e non potrebbe essere altrimenti. La struttura è ormai diventata un centro culturale polivalente: «La nostra idea è quella di riprendere in mano l’artigianato sardo – spiega il noto artista Leonardo Boscani – È nella storia di questa città il rapporto tra arte e artigianato. Pensiamo che questo sia il posto ideale per ricominciare a fare tappeti, cestini, ceramica. Vogliamo che tutto ciò che è nostra tradizione torni a vivere nell’ex Q».
C’è Matteo, un agronomo, che sta lavorando per realizzare un giardino pensile, c’è il laboratorio di editoria e comunicazione, c’è l’architetto, c’è l’artista peruviano che appena arrivato a Sassari è venuto a sapere dell’ex Q, ha “bussato”, si è innamorato di questa singolare realtà e, in cambio dell’ospitalità, costruirà delle astronavi di mais. C’è la sala lettura e ci sono Giovanni e Gabriele Biddau, padre e figlio, artigiani della ceramica. C’è il team di Alessandro, Enea e Sebastian che aggiustano, “ricompongono” e verniciano biciclette.
C’è davvero di tutto, persino la stanza dove stanno i precari della scuola. Ci sono i cattolici, gli anarchici, i comunisti e i liberi pensatori. «Da dieci anni in campagna elettorale parlano di spazi per l’arte e non abbiamo mai visto nulla. Ecco: questo è il nostro modo di fare cultura, occupiamo uno spazio». La risposta della Provincia la qualificano come «un atto dovuto». E si dicono assolutamente disponibili alla trattativa: «Non pretendiamo tutto lo spazio ma certamente qui deve restare il fulcro del nostro progetto».
Le iniziative e le idee continuano. La più recente risale a due giorni fa: «Abbiamo avuto un colloquio con l’Arci e abbiamo intenzione di creare un luogo di incontro per i familiari dei detenuti sardi».
Ma l’ex questura potrebbe diventare anche una residenza per artisti di altri Paesi. «In Francia – ha spiegato Leonardo Boscani – esistono dei fondi regionali per l’arte contemporanea (Frac) che finanziano le “residenze”. Ad esempio: dalla Corsica vengono in Sardegna, stanno un mese, realizzano l’opera e poi ripartono. Gli stessi fondi finanziano il sardo che con questo scambio culturale ha la possibilità di andare a sua volta in Corsica, star lì il tempo necessario per costruire la sua opera e poi tornare qui».
Le idee, insomma, non mancano affatto. Da parte degli artisti. «Chiediamo solo di poter continuare a lavorare con serenità. Stiamo qui senza luce e senza acqua. Una ragione ci sarà».
Da La Nuova Sardegna 23 ottobre 2010
La presa di posizione degli occupanti dell’Ex-Q fa seguito all’articolo apparso il giorno prima sempre sulla Nuova Sardegna
In cinque mesi di occupazione l’ex questura ha cambiato volto. Decine di artisti hanno stabilito i loro atelier e il vecchio edificio di corso Angioy è diventato un grande laboratorio creativo. Peccato che gli inquilini potrebbero avere le ore contate. Infatti la Provincia, da diversi mesi, ha presentato una denuncia in Procura chiedendo lo sgombero. «Niente contro gli artisti – dice l’assessore – ma in quanto istituzione avevamo il dovere di tutelarci di fronte a un abuso». Il questore ufficialmente non ha però ricevuto alcuna comunicazione dai magistrati
di Luigi Soriga
SASSARI. L’ex questura continua a cambiare pelle. I graffiti colonizzano la facciata, e un brulichio di artisti lavorano nella tana come formiche operose. Non sanno che potrebbero avere i giorni contati. La richiesta di sgombero pende come una mannaia sulla loro grande utopia: cioè quella di avere una centrifuga di idee nel cuore della città, un laboratorio di creatività tutto per loro, con gli atelier degli artisti, gli studi, le associazioni di volontariato.
Pensano che il padrone di casa, cioè la Provincia, sia dalla loro parte, e stia solo aspettando la presentazione di una sorta di master plan culturale, per procedere all’affidamento ufficiale della palazzina. Forse non sanno che, trascorsi due mesi dal fatidico 26 maggio, giorno dell’occupazione dell’ex questura in piena campagna elettorale, l’assessore al Patrimonio della Provincia, Piermario Manca, ha presentato una denuncia dai carabinieri e un esposto in Procura.
«Niente di personale contro gli artisti — spiega l’assessore — anzi capiamo benissimo le loro richieste e i loro problemi. Ma non possono pensare di risolverli con un atto di forza, calpestando il rispetto della proprietà altrui. Hanno sbagliato nel metodo: come istituzione non potevamo rimanere indifferenti. L’esposto presentato è una forma di autotutela di fronte a un’azione illegittima».
Ufficialmente il questore non ha ricevuto alcuna comunicazione dai magistrati, quindi c’è ancora tempo per pensare a una soluzione alternativa allo sgombero. E anche questa misura estrema potrebbe essere rivista con un approccio più soft. Un conto, cioè, è se la Procura dispone uno sgombero immediato, un altra faccenda è se incarica le forze dell’ordine di lavorare per un accordo. Accontentare tutti non è semplice: gli artisti da anni chiedono uno spazio dove esprimersi e da cinque mesi hanno eletto lo stabile di via Angioy come residenza ideale. L’ex Questura però ha un valore commerciale notevole, e la vendita rimpinguerebbe le casse della Provincia.
L’assessorato al Patrimonio potrebbe anche ospitare nell’edificio i vari convitti sparsi nella città, per i quali paga migliaia di euro d’affitto ogni anno. Oppure trasferirci l’Archivio di Stato, o una sede dell’Istituto Alberghiero. O ancora cedere alle proposte dell’E rsu che a due passi dal Quadrilatero vorrebbe realizzare una nuova casa dello Studente. Insomma, se il ragionamento fosse squisitamente economico, le quotazioni degli artisti cadrebbero in picchiata. Ma l’esperimento dell’Ex-Q non può lasciare indifferenti.
Una specie di Factory newyorchese, sul modello di Andy Warhol, a Sassari non si era mai vista. E anche se ancora gli artisti non hanno presentato a Palazzo Sciuti nemmeno un pezzetto di carta con una bozza progettuale, è innegabile che il vecchio edificio ha ripreso a pulsare di vita propria, le vetrate sono più pulite di quando gli inquilini avevano la divisa, e ogni settimana c’è almeno un evento culturale. Se l’ex questura dovrà reindossare un abito più istituzionale, ci saranno altri spazi più adatti ai colori dell’arte. Magari l’ex Mattatoio di via Diaz, pensato come cittadella culturale, ma non sarà mai la stessa cosa.