Pubblichiamo di seguito alcune riflessioni di Carlo Deffenu, scrittore sassarese, sull’alluvione che ha colpito la Sardegna e che ha colpito tante e tanti negli affetti, nella casa, nella vita. Il pensiero di Carlo va a quelle centinaia, migliaia di persone che in questi giorni si sono impegnate ad inviare beni di prima necessità, sono saliti su un’auto o un furgone e sono corsi in aiuto di chi, in poche ore, ha visto scomparire un’intera vita di lavoro, di ricordi o, ancora peggio, ha visto scomparire la vita. Ringraziamo Carlo ma sopratutto tutte quelle persone che con la loro solidarietà “attiva” hanno reso meno meno amara e tragica questa disgrazia.
Quando lunedì pomeriggio rientravo da Tempio con un amico, non immaginavo quello che stava per accadere sulla mia isola.
Certo, vedevo la pioggia torrenziale, i rami strappati dalle chiome degli alberi, i fulmini – come ferite luminose nella volta oscura del cielo – il frastuono dei tuoni… vedevo gli incidenti stradali lungo il percorso; macchine in mezzo alla carreggiata, luci intermittenti di Polizia e Vigili del Fuoco; vedevo le persone ferme sul ciglio della strada con il cellulare attaccato alle orecchie per avvisare qualcuno in un posto molto lontano da lì, o forse vicino… vicinissimo.
Sono tornato a casa bagnato, stanco, ma vivo.
Sì, perché solo nelle ore successive ho capito, come tanti, guardando la tv e leggendo notizie su FB cosa stava precipitando dal cielo sulla costa orientale.
Iniziavano a contarsi i morti… i dispersi… il bollettino diventava ad ogni ora più angosciante e sinistro.
Ora, dopo tre giorni, tutti sanno cosa è accaduto. L’acqua, da amica, è diventata nemica e ha trascinato via vite, sogni e un’idea di futuro che forse, per troppi anni, è stata miope e indifferente a una crescita urbanistica davvero rispettosa dell’ambiente e della vita. Ma non voglio parlare di cose tecniche, di abusivismo edilizio… in questo momento non è importante; non quando le omelie sono ancora vive e le candele continuano a bruciare; non ora dove gli “angeli del fango” spalano la disperazione per dare un aiuto a chi si è visto la morte davanti agli occhi.
Io non amo le definizioni giornalistiche, però è vero; come li vuoi chiamare i volontari che hanno infilato un paio di stivali e sono accorsi numerosi a dare una mano?
Angeli è riduttivo… ma rende l’idea. Anche se qui non ci sono alette bianche a aureole luminose. Solo carne, sudore e determinazione.
Oggi voglio parlare degli angeli dell’EX-Q, i volontari dell’ex-questura di Sassari, che in poche ore hanno organizzato un centro di raccolta per gli alluvionati che ha smosso le coscienze intorpidite della città e ha permesso la creazione di un vero miracolo.
Per giorni, decine di volontari, hanno accolto, stipato, selezionato, inscatolato, organizzato, spedito merce di tutti i tipi verso le zone colpite dall’ira di Cleopatra: cibo, vestiti, medicinali, giocattoli, coperte… tutto, ma proprio tutto quello che serviva per far fronte all’emergenza. Lo hanno fatto per giorni, senza fermarsi mai, e anche nella confusione anarchica del momento, tutto è andato come doveva andare e hanno caricato – e inviato – diversi tir, furgoni, ambulanze verso le zone colpite.
Tra questi “angeli” ci sono molte persone che conosco e stimo, e sono orgoglioso di loro e di tutte le cose belle che hanno fatto.
Le foto di Gianfranco Jeff Pisoni (che ho “rubato” per questo post) raccontano alla perfezione l’energia di questi giorni difficili. Il suo tocco umano è inconfondibile e riesce a rendere sempre denso il senso di quello che rappresenta con le sue foto.
E non è finita qui. Molti sono partiti questa mattina presto verso Olbia con pale e stivali per aiutare la popolazione a pulire case, strade, scuole. Il fango è ovunque, continua a piovere, e gli aggiornamenti su FB ci aiutano a capire – o forse solo intuire – il caos di quelle zone.
C’è chi si rimbocca le maniche, chi aiuta portando quel che può, chi organizza dei punti di raccolta… e chi vorrebbe e non può perché lavora o si trova bloccato a casa per una fastidiosa febbre.
Io ho seguito tutto con un’ansia incredibile. La voglia di esserci e un’assurda sensazione di impotenza mi hanno logorato i nervi. Perché ci vuole voglia e coraggio per mettersi in gioco. E non è detto che tutti siano pronti a mettersi alla prova con un’esperienza così forte. Il mio corpo mi ha tradito e ho cercato di non sentirmi una merda per non essere lì… con loro… a sudare e faticare.
Qui, mentre scrivo, continua a piovere. Tira vento e fa freddo.
Penso a loro… gli angeli… uomini e donne comuni… che con il fango in bocca e tra i capelli, continuano a spalare.
Questo è il vero eroismo. Questo è fare le cose bene… anche se si sbaglia per troppo entusiasmo. Non importa arrivare primi o ultimi. Importa esserci. Qui non ci sono gare, ma solo un traguardo comune da raggiungere.
“Tante cose!”… come ha scritto mia sorella in un post. Mia sorella Grace che c’era e ha fatto anche la mia parte… e non solo.
Di Carlo Deffenu, Foto di Gianfranco Jeff Pisoni
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18 Responses to Dopo l’alluvione . . . “un miracolo umano”