Le donne di Castellamare di Stabia non potranno indossare minigonne succinte e ampie scollature, pena una multa. Saranno i vigili urbani a stabilire quanto scosciato e offensivo può risultare un indumento, utilizzando evidentemente un criterio totalmente soggettivo.
Quella che potrebbe essere derubricata a semplice notizia curiosa, è invece un ottimo esempio di come una normativa possa entrare prepotentemente nella regolamentazione dei corpi. In questo caso si tratta del corpo delle donne, un corpo che il sistema giuridico tende spesso a normare. Tuttavia la casistica è enorme, e non riguarda unicamente le centinaia di ordinanze che i vari sindaci d’Italia hanno varato negli ultimi anni, forti del nuovo potere assunto col pacchetto sicurezza del 2008, utilizzando uno strumento (l’ordinanza) che da eccezionale è diventato usuale e non intende come un tempo riportare l’ordine pubblico ma punire mendicanti, lavavetri, donne col burqa, prostitute e altre categorie che non compiono alcun reato se non quello di disturbare l’occhio dei cittadini.
Sono i corpi vietati e normati analizzati da Anna Simone in “Corpi del reato” (Mimesis, euro 13, pp.96), sintesi acuta che studia come negli ultimi anni le istanze di alcune categorie (donne, migranti, comunità Lgbtqi) siano state costantemente silenziate o strumentalizzate. Omosessuali, lesbiche e trans sono corpi “a-normali” nel senso che eccedono la norma eterosessuale e dunque vengono esclusi dall’ottenimento dei diritti; le donne sono corpi strumentalizzati perché lo stupro, lo stalking, la prostituzione sono fenomeni utilizzati, negli ultimi anni, per la propaganda contro gli stranieri e imporre alle stesse donne norme restrittive come nel caso delle prostitute, che nell’ottica del centrodestra vanno combattute soltanto quando lavorano sulla strada e dunque offendono un supposto decoro, introducendo peraltro l’antico quanto urticante binomio donna perbene-donna per male; i migranti sono corpi vietati e scomparsi, inghiottiti dai Cie dove le normali garanzie vengono sospese.
Per quanto l’immigrazione, la libertà delle donne e le rivendicazioni delle persone omosessuali siano movimenti che attraversano l’intero Occidente e non solo, Simone focalizza la propria attenzione all’Italia dove il diritto appare incapace di accogliere il cambiamento sociale e interviene unicamente in senso penale e securitario. Basti pensare, ancora una volta, alle ordinanze dei sindaci – spesso cancellate perché totalmente al di fuori dai principi costituzionali -, ai pacchetti sicurezza, a leggi come quella che regola la fecondazione assistita – ormai quasi totalmente smantellata dalla Corte costituzionale. Nella nostra società del rischio, sottolinea la sociologa, il diritto alla sicurezza diventa strumento di propaganda politica e cioè “securitarismo”: in questa ottica, la selva di leggi dure e restrittive non mirano a riconoscere diritti soggettivi ma nemmeno a garantire la tanto sbandierata sicurezza visto che i fenomeni dell’immigrazione e della prostituzione, per esempio, vivono comunque all’interno della società e non vengono affatto cancellati come invece vorrebbero i politici autori di quelle norme.
Sul fallimento degli strumenti normativi si muove, implicitamente, “Corpi del reato”. Che ci guida nel labirinto delle leggi e degli effetti che quelle leggi hanno provocato sugli esseri umani, e non è un caso che il libro apra con la storia tragica di Herculine Alexina Babel Barbin, ermafrodito francese vissuto alla fine dell’800, cresciuto come ragazza ma appartenente a nessuno dei due sessi, che venne studiato dagli scienziati dell’epoca e obbligato a cambiare identità di genere, da femmina a maschio. Herculine, diventata d’imperio un uomo per lo Stato francese, non resse l’imposizione e si tolse la vita. Perché nessuna norma dovrebbe entrare nell’identità del soggetto, ma semmai favorire la sua inclusione nel corpo sociale senza creare cittadini di serie A e cittadini di serie B.
Per tornare a Castellamare di Stabia: il nuovo regolamento dei vigili urbani non è soltanto ridicolo, è pericolosamente punitivo e, soprattutto, basato sull’inafferrabilità del concetto “succinto”. Una prepotenza normativa che addirittura entra negli armadi delle donne e ne vorrebbe condizionare l’aspetto in pubblico insinuando, peraltro, che le donne in minigonna succinta sono peggiori di quelle vestite da capo a piedi.
in data 25/10/2010 da Liberazione