Con le dimissioni di Berlusconi si è chiuso il ventennio che lo ha visto capo incostratato dell’Italia e degli italiani. Per il berlusconismo ci vorrà ancora del tempo, considerato quanto si è radicato nella nostra cultura, nel nostro immaginario e nei nostri rapporti politici e sociali. Berlusconi non era omofobo, perlomeno non per come lo si intende normalmente. Era molto di più. La rappresentazione stessa del machismo eterosessista: il “padrone” bianco, maschio ed etero che è convinto di essere al di sopra di leggi e regolamenti e di essere libero, nel suo privato, che lui stesso ha fatto diventare di pubblico dominio come se fosse in un grande reality, di infrangere i divieti legislativi e morali che invece imponeva ai suoi “sudditi”. Più che un governante democratico era un sultano, un dittatore moderno capace di imporre il suo potere senza alcun spargimento di sangue ma facendo leva sulla miseria delle persone, sulle loro frustrazioni, sulla loro invidia della ricchezza e del potere. Molti gay, lesbiche e trans si sono fatti ammaliare, come la maggior parte degli italiani, dalle luci e dallo sfarzo delle sue televisioni, delle sue tenute, delle sue feste. Da Gaylib, l’associazione gay di centro destra poi passata con Fini, a Zeffirelli, da Platinette, la “prostituta televisiva” di cui è impossibile cancellare la patetica immagine mentre si spoglia in diretta durante una puntata di Amici, a Dolce e Gabbana, l’ex coppia gay contraria alle Unioni Civili (“con i soldi che abbiamo non ne abbiamo bisogno” dissero una volta). Con la caduta del loro leader speriamo cadano anche loro (e se si fanno anche male ancora meglio!). Ma il movimento GLBT, quello vero, Berlusconi non l’ha mai sostenuto e, seppure inizialmente con poco vigore, ha sempre cercato di contrastarlo e di combattere la deriva machista, sessista e omofobica dell’Italia berlusconiana, diventata la nazione europea con la più alta percentuale di crimini di odio contro le donne, gli immigrati e le persone omosessuali e transessuali. Per Patanè siamo stati determinanti nel “dargli una spallata”. Non sono d’accordo. Per quanto triste, Berlusconi è uscito di scena per salvaguardare la sua ricchezza, quella delle sue aziende i cui titoli crollavano in borsa insieme all’Italia. Nessuno gli ha dato una spallata. Tantomeno il movimento GLBT che, in questi anni, ha dimostrato tutta la sua incostistenza e debolezza. Se gli ex elettori di Berlusconi, anzichè andare a fischiarlo e a lanciargli monetine all’uscita del Quirinale, adesso dovrebbero solo vergognarsi ed elaborare la loro miseria, anche il movimento gay e lesbico, anzichè darsi meriti che non ha, dovrebbe interrogarsi sulla sua fragilità ed estrema frammentazione e riprendere quel percorso unitario interrotto tanti anni fa per l’eccessivo leaderismo e desiderio di potere di tanti che ora farebbero bene a seguire l’esempio di Berlusconi. Morto un Papa speriamo che non se ne faccia un altro.
Roma – “Ben venga la tesi, anche se fortemente esagerata, di oltranzisti cattolici e leghisti che sostengono come le presunte ‘lobby’ gay abbiano scavato la fossa al governo Berlusconi. E’ vero, a dargli una spallata fondamentale siamo stati anche noi, per esempio con l’ultimo Gay Pride, e con la nostra attività di denuncia italiana e internazionale contro le discriminazioni. Ma sarebbe sbagliato parlare di una nostra vittoria perché lo è di tutta l’Europa civile.” Lo ha dichiarato il Presidente dell’Arcigay Paolo Patanè, ospite del talk show KlausCondicio in onda su YouTube, che ha dedicato la puntata alla fine del governo Berlusconi. “La dichiarata omofobia del Premier ha avuto rebound internazionale spaventosi, condizionandone negativamente l’immagine e gettando sull’Italia un percepito di terribile oscurantismo” ha detto Patané. E alla domanda di Klaus Davi “quanto ha contato l’ostilità dei gay nella fine della sua corsa?” “Molto. Non tanto solo quelle delle associazioni gay, ma di tutte le istituzioni europee e delle democrazie dell’Unione, del Parlamento Europeo che non hanno condiviso l’omofobia spinta di Berlusconi e la sua determinazione a negare i diritti riconosciuti da tutta l’Europa.” Patanè ricorda nel corso della puntata: “mentre Berlusconi si esercitava un machismo da caserma e si distingueva per la sua aperta e violenta misoginia, Merkel nominava ministro degli esteri un gay regolarmente sposato con un uomo, i sindaci gay di Parigi e Berlino venivano riconfermati; Obama si batteva per i gay nell’esercito. Per lui è stato l’inizio della fine…”
Fonte agenzia parlamentare