E’ iniziata a Charlotte, nel North carolina, la convention dei democratici americani. Immagini e commenti della stampa sono tutti incentrati sulla multietnicità di questa convention e sulla fortissima presenza di delegati/e gay e lesbiche
Ci sono 468 delegati tra gay e lesbiche su 5.556. Alcune delegazioni, come quelle di Florida e Georgia, sono al 40-60 per cento afroamericane, più altre minoranze, quella ispanica, soprattutto. Un delegato bianco e pare etero della California è stato espulso perché era ubriachissimo e voleva spacciarsi per qualcun altro, ma queste sono abitudini bipartisan. Abitanti di Charlotte e delegati, che ieri si mescolavano alla CarolinaFest, fiera tradizionale del Labor Day stavolta gemellata alla convention, si scambiavano leggende metropolitane sulle celebrità presenti: qualcuno ha visto George Clooney fare jogging (presenza non confermata), qualcuno Brad Pitt (arriverà, pare), qualcun altro fa dell’ironia sull’intervento congressuale dell’Eva Longoria di Casalinghe Disperate (prenderà in giro Clint Eastwood e dialogherà col beauty case di Romney? Vai a sapere).
È la convention più diversificata e multietnica della storia americana, comunque, e dicono sia un problema. Perché, dicono nonstop certi commentatori, le immagini da Charlotte, minoranze, un po’ di gente strana, una buona metà del pubblico fatta di bianchi liberal in pantaloni kaki e maglietta che sembrano sponsorizzati dalla catena di negozi Gap, non piacerà ai maschi bianchi dell’America profonda e della classe media (che peraltro hanno già deciso di votare Romney); e magari neanche alle loro signore. E forse l’atmosfera gentile ma quieta e segretamente preoccupata che aleggia per Charlotte non spingerà a votare i loro figli che vanno al college e non vanno in chiesa.
Qui nessuno è più, come da slogan della campagna di Obama 2008, «fired up and ready to go», infiammato e pronto alla battaglia. Al massimo, si incontrano giornalisti (vestiti uguali ai delegati liberal) che cercano Edith Childs per un vaticinio. Childs è una signora nera di Greenwood, South Carolina, nota in città per i suoi assurdi cappelli da chiesa. Cinque anni fa, trovandosi in una sala con un candidato semisconosciuto (tale Obama) e solo 37 persone, andò a consolarlo e inventò lo slogan. Sarà lei, alla convention, ad annunciare il voto del suo Stato e a rilanciare il grido di guerra (ma più che agli slogan si guarda ai sondaggi, e alla quantità di elettori registrati; e si scopre che con la crisi dei mutui e le case riprese dalle banche metà degli elettori neri è introvabile per gli attivisti, ed è un problema più serio dello scarso entusiasmo, ora).
Maria Laura Rodotà, corriere.it