Con una sentenza storica, la Corte di Cassazione ha riconosciuto l’affidamento di un bambino, in maniera esclusiva, ad una donna lesbica, che convive con la compagna, respingendo l’accusa di “possibili ripercussioni negative sul bambino” per il suo inserimento in una famiglia gay.
Secondo la Corte un minore può crescere in modo equilibrato anche in una famiglia omosessuale perché si tratta di un “mero pregiudizio” sostenere che “sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale”.
In sè, la sentenza, non avrebbe nulla di strano: un bambino dato in affidamento esclusivo alla madre perchè il padre è ritenuto non idoneo per aver aggredito la compagna della ex di fronte al bambino e per aver disertato gli incontri con il figlio programmati dai servizi sociali.
Ma le motivazioni con le quali la corte smonta le accuse del padre e ne rigetta il ricorso, assumono un valore fondamentale nell’attualissima discussione sui matrimoni gay e sulla genitorialità delle persone omosessuali.
Da tempo, nel nostro paese, è in corso un’aspra discussione sui diritti di gay e lesbiche: dal diritto alla non discriminazione a quello di unirsi civilmente e/o di sposarsi. Ogni volta che si parla di coppie gay e lesbiche destra e Vaticano agitano lo spauracchio dei bambini e delle adozioni, facendo leva sull’ipotetico diritto del bambino di avere una madre ed un padre. Discussione questa, che non tiene assolutamente conto della realtà della nostra società dove le coppie omosessuali esistono già da tempo e, spesso, con bambini avuti da precedenti relazioni o partoriti grazie all’inseminazione artificiale. Prima ancora delle adozioni, oggi assai complesse anche per le coppie eterosessuali sposate, tanto che molti bambini rimangono in orfanotrofio con suore e preti, in barba al loro diritto di essere amati da una vera famiglia, etero o gay che sia, è sopratutto per i bambini che già vivono all’interno di coppie omosessuali, che la legislazione italiana non riconosce in alcun modo,che si chiede una regolamentazione legislativa. Secondo diverse stime, sono circa 100.000 i bambini che, in Italia, oggi vivono in famiglie omosessuali. Per questo la possibilità di adozione del figlio del partner è una delle priorità nel riconoscimento dei diritti, per una maggiore tutela nella vita quotidiana e, sopratutto, per evitare che alla morte del genitore naturale segua l’affidamento del minore a parenti lontani o, addirittura, ai servizi sociali, anziché alla persona con la quale hanno vissuto la loro vita.
In Italia, invece, si preferisce usare i bambini in polemiche strumentali ed unicamente ideologiche. Come dimostra il caso di Padova, dove il semplice riconoscimento della convivenza di due donne attraverso la scritta “partner” nel braccialetto della compagna di una partoriente da fecondazione artificiale, ha spinto l’editorialista della Nuova Sardegna a parlare di bambini “concepiti orfani”. Ma i bambini orfani non hanno certo la fortuna di crescere nell’amore e nel calore di una famiglia, ancorchè di due donne, che loro non avranno mai.
La sentenza della Cassazione è un passo avanti nella direzione di un Paese civile ed è perfettamente coerente con quanto la stessa corte stabilì lo scorso anno, e cioè che le coppie omosessuali hanno il “diritto alla vita familiare” e a “vivere liberamente una condizione di coppia” con la possibilità, in presenza di “specifiche situazioni”, di un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata” (sentenza 4184).
Tribunali e società sono ormai anni luce distanti da una politica incapace anche solo di adeguarsi alla realtà che la circonda. E’ ora che anche l’Italia si adegui al resto del mondo civilizzato e che riconosca, finalmente, pari diritti e pari dignità alle e ai cittadini omosessuali e ai loro figli.
Movimento Omosessuale Sardo