La polizia ha posto fine alle malefatte di un «branco» ad alta prevalenza femminile. Tre adolescenti sono state segnalate per minacce Grande uso e abuso di alcol
NUORO. I costituzionalisti possono stare tranquilli. Nell’universo del bullismo, le quote rosa sono ampiamente rispettate. Lo aveva già rilevato la prima indagine sul bullismo nelle scuole elaborata qualche mese fa dall’Osservatorio delle province di Nuoro e Ogliastra, dove il fenomeno delle bulle era emerso in preoccupante e rampante crescita. Ora si aggiunge la notizia della denuncia di quindici adolescenti nuoresi – preponderante presenza femminile.
Ragazze – con a capo una bulla – di età compresa tra i 14 e i 17 anni, finite nei fascioli dell’Ufficio minori della questura per aver dato vita a una banda impegnata a rendere impossibile la vita ad un’altra adolescente, evidentemente fuori dal branco. Base operativa, la zona di piazza Mameli, dove c’è l’appena rifatto e già deturpato mercato civico. Tre delle adolescenti, quattordici anni ciascuna, sono state segnalate alla Procura dei minori di Sassari per minacce e ingiurie. Con loro, anche un ragazzo di 17 anni, denunciato per oltraggio a pubblico ufficiale e ubriachezza molesta. Così, almeno, sul branco rosa si è stesa una pennellata di azzurro.
Per completezza d’informazione, l’Ufficio minori della questura (lo dirige Maria Cesaria Stasi e lo coordina Franco Esposito) ha deciso di proporre sette ragazze dello stesso gruppetto – età tra i 14 e i 15 anni – ai provvedimenti previsti dalla normativa che riguarda i minori “irregolari per condotta o per carattere, i quali possono essere affidati ai servizi sociali, e, nei casi più gravi, il collocamento in Comunità o in un istituto psicopedagogico”. Un modo formale per spiegare che queste ragazzine con comportamenti abnormi e deviati, hanno certamente bisogno d’aiuto, e di una massiccia educazione legata ai principi del rispetto, etica, solidarietà. L’ufficio Minori ha contato sull’aiuto delle famiglie, con le quali saranno decise le strategie per tirare fuori dall’orlo del burrone le bulle, e rimetterle nella strada della legalità.
Questa bullestory ma anche, vedremo, cyberbullestory segue i percorsi visti e rivisti e fotografati dall’Osservatorio e dagli uomini della questura che stanno lavorando molto su un campo vasto e persino sottovalutato. L’indagine è iniziata dopo alcune segnalazioni raccolte dagli agenti delle Volanti, ma anche grazie ai poliziotti di quartiere in servizio nella zona di piazza Mameli. Allora, come in tutti i casi di bullismo, l’obiettivo era una persona, in questo caso una ragazza adolescente, quattrodici anni, certamente più debole delle scafate componenti il gruppo; e chi, comunque, a quell’età, non lo sarebbe di fronte alla prepotenza compatta e aggregata di un branco coeso? Comunque, comportamenti persecutori con missioni punitive ordinate dalla capetta, minacce, intimidazioni e pressioni psicologiche anche attraverso Facebook e chat, perché, questo anche era emerso dai risultati dell’indagine dell’Osservatorio (coordinato dal vice questore Fabrizio Mustaro), una delle caratteristiche del bullismo rosa è proprio la capacità di eccellere (…) nelle molestie tecnologiche. E telefoniche, nel paese dove i ragazzini hanno uno e più cellulari sin dalla tenera età, e genitori illusi che il telefonino-guinzaglio serva per controllarli. Meditiamo, meditiamo.
Non che il gruppo si scoraggiasse per la presenza degli adulti. Anzi. Molte offese e vessazioni si sarebbero verificate anche davanti ai grandi. Dinamiche da branco navigato, carico spesso – altro aspetto inquietante – di alcolici, tanto che alcune aggressioni sarebbero state compiute con il sostegno di vere e proprie sbornie. Che ha prodotto un altro aspetto dell’inchiesta, gli accertamenti nei confronti dei titolari di bar e supermercati che avrebbero venduto alcolici a dispetto dei divieti di legge; rischiano la sospensione delle licenze.
Il circuito aggressivo è stato interrotto. Dall’Ufficio minori, dalla capacità della vittima di denunciare. Ora, la parte più difficile. Parlare, educare.
Fonte La Nuova Sardegna