Di Massimo Mele il 20 Novembre 2014. 1 Commento
In un solo anno la Barilla ha recuperato il danno d’immagine causata dall’uscita omofoba del suo proprietario, Guido Barilla, attuando delle politiche e pratiche aziendali inclusive per gay, lesbiche, bisessuali e transgender
“Non faremo pubblicità con omosessuali, perché a noi piace la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri”. Con questa risposta alla trasmissione “La Zanzara” di Radio 24, i l 25 settembre 2013, Guido Barilla provocò un movimento di indignazione mondiale che si trasformò in una gigante azione di boicottaggio di tutti i prodotti delle sue aziende.
In un solo anno l’azienda di Parma è riuscita, con azioni concrete, a ricostruire la propria immagine nei confronti delle comunità gay. Con un’operazione a 360 gradi la multinazionale italiana, leader mondiale nella pasta, è diventata in questo campo un modello da seguire: allargando la copertura sanitaria ai dipendenti transgender e alle loro famiglie, finanziando associazioni per i diritti dei gay e lavorando sulla trasparenza delle proprie politiche. I riconoscimenti non sono tardati ad arrivare negli Stati Uniti, un paese dove l’azienda ha il 30% del mercato e un fatturato che lo scorso anno ha toccato i 430 milioni di dollari. Barilla ha incassato un “punteggio perfetto” dalla Human Right Campaign, un’importante associazione per i diritti degli omosessuali che stila ogni anno il Corporate equality index, una graduatoria basata sulle politiche interne ed esterne aziendali in questo campo. E il risultato non è sfuggito al Washington Post che dedica a Barilla una storia di prima pagina significativamente intitolata “Una ricetta per la ripresa: Barilla si redime nei confronti dei gruppi gay”.
Guido Barilla in una dichiarazione si è scusato ancora e ha affermato:
Sono orgoglioso di dire che, come conseguenza di queste discussioni, abbiamo tutti imparato molto sulla vera definizione e significato di famiglia e nell’ultimo anno abbiamo lavorato duro perché ciò si riflettesse nella nostra organizzazione
Le scuse sono state, insomma, solo l’inizio di un cambiamento più profondo e sincero, come spiega al Washington Post David Mixner, uno storico attivista statunitense dei diritti gay e autore che ha lavorato con Guido Barilla alla svolta: “Era inorridito – ricorda – per le conseguenze e per le sue convinzioni personali”. Mixner definisce la recente iniziativa sulla diversità come “il più importate sforzo onnicomprensivo per recuperare dopo un’affermazione sfortunata a cui io abbia partecipato”.
La certificazione più importante viene comunque dal Corporate Equality Index: delle 781 aziende internazionali che volontariamente si sono sottoposte a tale valutazione meno della metà, sottolinea il quotidiano Usa, hanno un punteggio perfetto. Deena Fidas, responsabile dello specifico programma nella Human Rights Campaign ricorda che lo scorso anno Barilla non aveva nemmeno chiesto di essere valutata. E aggiunge:
È molto inusuale che un’azienda affronti l’intero spettro dei criteri del nostro indice in un anno. Alcuni potrebbero certamente fare congetture sulle motivazioni di ciò. Ma, alla fine, è incontrovertibile che alla Barilla ci sono oggi delle politiche e pratiche aziendali inclusive per gay, lesbiche, bisessuali e transgender che un anno fa non esistevano
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One Response to Barilla si rifà il look: da omofoba a “pro-gay”