Massimo Mele, leader del Mos, stigmatizza le discriminazioni sessuali. Sabato sfilata in centro
SASSARI. «La condanna unanime dei politici non basta a stigmatizzare la violenza nei confronti degli omosessuali. Ci voglioni atti concreti a sostegno dei diritti civili per gay e lesbiche», l’esordio di Massimo Mele al convegno contro omofobia, sessismo e razzismo».
Promosso dal comitato “Diritti al cuore”, l’incontro non è stato altro che un antipasto della manifestazione in programma sabato 4 alle ore 17 con una sfilata che partirà da piazza Marconi. Un menù ricco di spunti di riflessione sulle discriminazioni di cui sono vittime “i diversi”.
«Nella nostra società – ha affermato Massimo Mele, leader del Mos (Movimento omosessuale sardo) – l’omofobia è così interiorizzata che le sole dichiarazioni denigratorie o le prese di posizione contro le unioni civili bastano a incoraggiare la violenza, che a parole si condanna». L’allusione non è solo alla spiacevole sortita di un assessore lombardo che aveva invocato “la garrota degli Apache” per i gay, ma è anche una stoccata a un consigliere comunale che di recente si è detto «imbarazzato» nel presentare la proposta istitutiva del Registro delle unioni civili. Una conquista dal valore simbolico, a giudizio di Mele, che farebbe da apripista ad analoghi provvedimenti governativi. Senza contare l’opportunità di estendere alle unioni di fatto le misure assistenziali erogate dal Comune alle famiglie.
D’altra parte, l’assenza di un riconoscimento legale alle coppie dello stesso sesso pesa anche sul mondo del lavoro, come ha ricordato Franca Sabino, della Cgil: «Per gay e lesbiche non esistono congedi per la cura dei figli, rimborsi per trasferimenti, congedi per lutto o per assistere il partner ammalato».
Nel fronte dei sì ai diritti civili dei gay c’è anche l’assessore alla Cultura Dolores Lai, che ha espresso il suo sdegno per la miopia di una classe dirigente «incapace di scorgere nell’orientamento sessuale un valore aggiunto che fa di ognuno una persona diversa dall’altra». «La conseguenza – ha continuato – è una legge sull’omofobia in stallo alla Camera».
Il provvedimento vuole introdurre, tra le cause alla base dei crimini di odio, anche l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Un’importante passo in avanti, ma che in passato la ministra Carfagna ha bollato come discriminatorio. Tradotto: incriminare chi istiga all’odio nei confronti di un gay equivale a introdurre il reato d’opinione. Ma la Carfagna ora ha fatto marcia indietro e alla prossima seduta, almeno lei, voterà sì al testo di legge.
Fonte la Nuova Sardegna, articolo di Lara Gargano