Manifestazione del Comitato Golfo dell’Asinara davanti alla centrale E.On di Fiume Santo: “Sia fatta chiarezza sull’incidente dell’11 gennaio”
PORTO TORRES. Inquina di meno, ma inquina comunque. Dunque, via subito i due gruppi a olio combustile, ma no anche al carbone. L’unica strada possibile, dicono gli ambientalisti, è quella delle energie alternative. Soprattutto dopo il disastro marea nera, sul quale restano tanti dubbi.
Prima diecimila, poi trentamila. Ora sono cinquantamila i litri di olio combustibile finiti in mare in seguito all’incidente alla centrale E.On di Fiume Santo. Ma chissà se il dato è definitivo. E chissà come mai l’allarme è partito in ritardo, e perché la gestione delle bonifiche, almeno nella fase iniziale, non è stata affidata a personale qualificato. Domande che i componenti del comitato “Tuteliamo il Golfo dell’Asinara” rivolgono ai vertici della multinazionale tedesca, ma anche alle istituzioni. Per esempio al ministro all’Ambiente Stefania Prestigiacomo, che ha diffuso dati sbagliati e informazioni sommarie, frutto di una verifica quantomeno frettolosa.
Gli ambientalisti chiedono risposte e fatti concreti, e sollecitano un’ampia partecipazione popolare. Per questo dispiace che a metà mattina, davanti ai cancelli della centrale di Fiume Santo, non ci sia la folla sperata. C’è freddo, piove e forse ci sono troppe bandiere in un’iniziativa che non vuole avere connotazioni politiche.
Sventolano quelle degli indipendentisti dell’Irs, c’è Sardinia Natzione, un paio di Rifondazione Comunista. All’appello mancano i grandi partiti, quelli che governano le istituzioni: non ci sono i sindaci e la loro assenza appare grave, «visto che sono loro i primi a dover tutelare la salute dei cittadini». Ma i ragazzi del Comitato non si scoraggiano.
«Questa è una delle prime iniziative – dicono Giuseppe Alesso e Federica Peloso, rispettivamente presidente e componente del direttivo -, ora organizzeremo una serie di appuntamenti nel territorio». Intanto sorridono ai colleghi di Santa Teresa, che sembrano carabinieri del Ris, nelle loro tute bianche: dietro c’è scritto E.Off Lungoni. Racconta Stefania Taras: «Le chiazze di catrame sono ancora visibili sugli scogli, soprattutto nelle calette più nascoste. Il piano di sicurezza ancora non è stato attuato, noi chiediamo a E.On di restituirci il nostro mare».
Mentre al loro sindaco contestano di non avere impedito la pesca sportiva: «La gente continua a mangiare ricci e patelle in spiaggia, un’imprudenza prima di conoscere i danni provocati dallo sversamento d’olio combustibile».
Per questo è fondamentale che le autorità facciano chiarezza. Il primo passo da compiere prima di intraprendere le eventuali richieste di risarcimento, dicono i fondatori del Comitato Golfo dell’Asinara sotto il gazebo in cui si raccolgono le adesioni. Per iscriversi è richiesto un contributo di 5 euro: sinora un centinaio di persone hanno risposto all’appello, molti di più invece i sostenitori su Facebook. Tutti favorevoli alla green-energy, quella che non inquina e che può trasformare la Sardegna in un parco, in un laboratorio di fonti rinnovabili. A Porto Torres come a Quirra e in tutti gli altri siti «violentati e avvelenati».
da la Nuova Sardegna