La Cassazione conferma la sentenza del giudice di pace di Cagliari contro un negoziante che nel 2008 ingiuriò il cognato, ripetutamente, chiamandolo “brutto frocio maledetto”
CAGLIARI. Con una sentenza dello scorso Ottobre, comunicata ieri alle parti, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un negoziante di cagliari contro la sentenza del giudice di pace che lo condannava ad una multa di 350 euro per ingiurie. Il fatto risale ad alcuni anni fa quando un operaio di cagliari decise di denunciare il cognato che, tutti i giorni, lo apostrofava con “Brutto frocio maledetto, questa volta ti faccio perdere i denti a calci, se continui a passare di qui”. Le minacce sono diventate continue e umilianti, rivolte quando era in compagnia di sua moglie, in mezzo alla strada dove lui abitava ad alta voce, in presenza di vicini e passanti. A metà del 2005 la situazione è parsa insostenibile: l’operaio ormai era costretto a rientrare a casa sperando che il cognato cafone fosse andato via. Dopo la querela, nel 2009 il giudice di pace gli ha dato ragione e ha condannato l’imputato a 350 euro di multa. Non pago, il cognato cafone ha impugnato il verdetto davanti alla Suprema Corte, che ha esaminato la questione nell’udienza del 13 luglio scorso. E respinto le tesi della difesa, certa che la sentenza emessa dal giudice di pace fosse motivata male e non tenesse conto di una testimonianza decisiva, a favore dell’imputato. Che ha assicurato di essere stato, a sua volta, offeso con parole altrettanto ingiuriose. Il giudice di primo grado e poi quello Supremo non gli hanno creduto. Sufficiente è apparso il racconto della moglie e quello di un’altra testimone. «Il ricorso – si legge nella sentenza di una scarsa paginetta – assenti prove a discarico, offre a lettura diretta dichiarazioni dell’offeso per sostenerne l’inattendibilità per antiche ragioni di dissapore e lamenta la mancata valutazione di una testimonianza, all’evidenza non decisiva per ritenere ingiurie reciproche». Ricorso inammissibile, con la multa che è lievitata da 350 a 500 euro.
Già nel 2006 l’alta Corte si era pronunciata su un caso analogo ma con sentenza opposta. Allora infatti il giudice di pace aveva assolto l’imputato considerando il termine non ingiurioso. I supremi giudici, nella sentenza 24513, sostennero che la sentenza rappresentava una decisione contraria “alla logica ed alla sensibilità sociale che ravvisa nel termine ‘frocio’ un chiaro intento di derisione e di scherno, espresso in forma graffiante”.
Vorrei leggere la sentenza. Sull’Unione dicono che è stato condannato perchè il termine frocio è considerato sempre un’offesa mentre sulla Nuova c’è scritto che è considerato offesa quando non è usato per indicare l’orientamento sessuale ma solo per offendere (eppoi se ti dicono “brutto frocio maledetto” l’offesa c’è eccome, frocio e maledetto vabbè, ma brutto … come cazzo si permettono!!!!!!). ma la Corte che cosa ha detto di preciso?