“Non legge riviste gay, non è lesbica”. Salvata all’ultimo minuto la lesbica da rispedire in Uganda

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Di Massimo Mele il 31 Gennaio 2011. Nessun commento

Brenda Namigadde si salva in extremis da una brutta fine. Grazie alla sospensione del decreto di espulsione emesso dal giudice dell’immigrazione che aveva respinto la sua richiesta di asilo dubitando della sua omosessualità.

LONDRA. Una lesbica ugandese ha ottenuto in extremis il blocco dell’espulsione dalla Gran Bretagna, dopo la decisione di un giudice della High Court che ha accolto i timori dei suoi avvocati, in seguito all’uccisione la scorsa settimana dell’attivista gay David Kato.

GAY IN PRIGIONE – In Uganda gli atti omosessuali sono puniti con la prigione fino a 14 anni. La decisione del giudice e’ arrivata mentre Brenda Namigadde, arrivata in Gran Bretagna come studente nel 2003, era gia’ stata imbarcata su un volo per Kampala. La ragazza era gia’ sull’aereo quando un funzionario dell’immigrazione, informato della revisione dell’ordine di partenza, l’ha fatta scendere e ricondurre in un centro di detenzione nei pressi dell’aeroporto di Heathrow. Appelli e proteste per la sorte di Brenda si erano moltiplicate nelle ultime ore in seguito a linciaggio di Kato, il piu’ celebre attivista gay in Uganda.

COMPORTAMENTI DA DISIMPARARE – La giovane e’ anche lei una militante per i diritti degli omosessuali e da anni la sua azione legale davanti alle corti britanniche e’ considerata una pietra miliare per i diritti dei gay nel mondo, che includono il diritto di asilo per sfuggire a giurisdizioni che criminalizzano l’omosessualita’. In Uganda, oltre la legge che punisce con la prigione fino a 14 anni gli atti omosessuali, e’ in dirittura di arrivo un altro provvedimento che prevede l’ergastolo per gli adulti consenzienti che fanno sesso gay e la pena di morte per i pedofili. Il parlamentare che ha presentato la proposta, David Bahati, ha detto di recente al Guardian che Brenda Namigadde e’ ‘benvenuta in Uganda se abbandona o si pente del suo stile di vita omosessuale, perche’ in Uganda l’omosessualita’ non e’ un diritto umano, ma un comportamento che si puo’ disimparare’.

COS’È YARL’S WOOD? – Brenda, insieme a circa 400 tra donne, già vittime di violenza, spesso di stupro, uomini perseguitati e bambini, si trova a Yarl’s Wood. Uno si immagina che Yarl’s Wood sia un’orrenda prigione ugandese, nella quale entri e scompari dal mondo. Invece no: Yarl’s Wood è un orrendo centro di smistamento nel Berdfordshire, un nome che ricorda la verde campagna inglese. Infatti Yarl’s Wood è nella vecchia cara Inghilterra. Il suo nome completo Immigration Removal Centre. Si sta come in una prigione, ma in più ti rispediscono in Uganda, con la quale il Regno Unito ha simpatici contatti di scambio di persone sgradite, nel senso che dall’Europa questi poveri disgraziati vengono rispediti in Africa, dove vengono arrestati all’aeroporto e allora sì che vengono deportati e fatti sparire per sempre. Si chiamanotrattati di collaborazione internazionale e sono stati ratificati dai civilissimi inglesi, convinti dalle solide garanzie di rispetti dei diritti umani fornite da Yoweri Kaguta Museveni, dittatore in carica dal 26 gennaio 1986.

LA SENTENZA DELL’IMMIGRAZIONE – Brenda otto anni fa era scappata con Janet dall’Uganda e aveva trovato asilo in Inghilterra. Lì aveva trovato lavoro e nel 2009 aveva partecipato alle proteste contro la Legge Anti-Omosessualità davanti all’ambasciata ugandese a Londra. Poi l’Ufficio Immigrazione ha rigettato il suo diritto di asilo e Brenda non ha più avuto il diritto di restare come rifugiata in Inghilterra perché “non c’era certezza che lei fosse omosessuale”. Secondo il giudice dell’immigrazione che ha emesso la sentenza: “[…] Il suo mancato interesse per le riviste e le pubblicazioni inerenti il suo orientamento sessuale, per quanto non obbligatorio, fa sorgere comunque qualche dubbio; la richiedente rivendica una vita libera dalle costrizioni e dal pregiudizio ma nel periodo di permanenza in UK, non ha dato segno di voler vivere secondo questa libertà […]”. Ovvero, la prova della sua non omosessualità sarebbe il suo disinteresse per i media gay, prova che secondo il giudice farebbe decadere il diritto di Brenda alla richiesta di asilo, condannandola ad un ritorno in patria. Il ricorso dei suoi avvocati, basato sul pericolo di vita per gay e lesbiche dopo l’uccisione dell’attivista ugandese David Kato, ha spinto i giudici a sospendere l’espulsione per decidere sul ricorso. “Aspettavo l’occasione per poter tornare. Ma adesso, dopo l’omicidio di David Kato, con quella Legge, è tutto peggiorato. Sarò torturata, o uccisa, se mi spediscono indietro. Hanno ammazzato molte persone come me, laggiù.”  David Kato è solo l’ultimo dei molti, Brenda lo sa molto bene. Anche il suo avvocato, Alex Oringa, è molto preoccupato. “Non c’è speranza. Appena sbarca all’aeroporto di Entebbe la arrestano. La mettono in prigione e poi chi lo sa cosa le capita. Pensano che lei abbia ingiuriato il governo ugandese.” Questo succede nella cara Inghilterra. Oggi. Tra meno di 24 ore Brenda salirà su unaereo diretta in Uganda. Questo è il destino che la vecchia Europa le ha riservato.

Da Giornalettismo.com e Pink News

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