Un articolo dell’Irish Examiner riferisce che, con una lettera segreta inviata nel 1997 ai vescovi irlandesi, il Vaticano bloccò ogni tentativo di deferire alla polizia i preti pedofili. Nella lettera s’ingiungeva ai vescovi di non denunciare gli abusi del clero come reati. Un documentario diffuso lunedì sera dalla rete televisiva pubblica RTÉ rivela il contenuto della lettera e sostiene che in un paio d’occasioni il Vaticano intervenne per bloccare il tentativo di vescovi irlandesi di sospendere a divinis dei preti colpevoli.
Il mese scorso venne alla luce una di queste occasioni, per ordine dell’Alta Corte che consentiva di pubblicare per intero un capitolo, prima censurato, della relazione Murphy del 2009 sulla diocesi di Dublino. [La Commissione Murphy non ebbe il compito di stabilire se gli abusi fossero realmente avvenuti, ma solo di valutare come se ne erano occupate le autorità ecclesiastiche e statali.]
Apparve così che, quando i vescovi tentarono di allontanare il prete pedofilo Tony Walsh, il Vaticano volle invece che fosse mandato per dieci anni in un monastero. Nel documentario di lunedì si vede che Walsh proseguì nella sua condotta, abusando ancora d’un bambino dopo che un tribunale ecclesiastico aveva raccomandato che fosse ridotto allo stato laicale, dato che Roma insisteva a trascinare il suo caso in una lunga causa d’appello. Nel documentario la madre del bimbo accusa direttamente il Vaticano per la violenza subita dal figlio.
Sempre dal documentario si apprende che un arcivescovo, non nominato per ragioni legali, minacciò di dimettersi per un caso degli anni ’90. L’ufficio del pubblico ministero rifiutò di chiamare in giudizio il prete, ma l’arcivescovo, per mezzo del tribunale della chiesa, ne raccomandò l’allontanamento dallo stato ecclesiastico. Quando il Vaticano rovesciò la decisione del tribunale, l’arcivescovo avrebbe minacciato di dimettersi se il prete fosse stato reintegrato.
Bryan Maguire, vittima di abusi e portavoce dell’associazione Voice of the Faithful (la Voce dei Fedeli) dice che la lettera del 1997 ai vescovi irlandesi modifica il suo modo di giudicare la questione della pedofilia nella Chiesa: “Certo mette in una nuova luce le azioni dei vescovi e punta il dito direttamente a Roma. In fondo non si tratta solo di preti colpevoli di abusi e di vescovi che li proteggono, ma d’un intero sistema che ne ha consentito l’operato. Quello che chiediamo è che la Chiesa si guardi nello specchio e non voglia uscirne trasferendo le sue responsabilità a un livello locale.” (Uaar)