Un seminario in due giornate con riflessioni, proposte ed esperienze già consolidate
SASSARI. La Commissione Pari opportunità ci ha messo tutto l’impegno per far sì che il Comune sassarese sia il primo in Sardegna a sperimentare il «bilancio di genere», strumento per la felicità di uomini e donne che così dovrebbero beneficiare di politiche attente, da parte delle amministrazioni pubbliche, alla diversità e ai bisogni, appunto, di genere. Due appuntamenti nella forma di seminario, l’ultimo dei quali ieri nella biblioteca comunale (il primo si era tenuto il 2 dicembre) sono serviti alla Cpo per proporre all’attenzione della politica l’importanza del progetto. Che è già realtà da molti anni in paesi «illuminati» come l’Australia (che ne ha la primogenitura avendolo adottato per prima nel 1984), quelli scandinavi, il Canada e il Sudafrica, e che nell’ultimo decennio ha visto anche l’Italia partecipe con la Provincia di Modena e i suoi comuni apripista.
L’assessore competente Nicola Sanna lo promette: «Partiamo in forma sperimentale inserendo il bilancio di genere in quello sociale che andremo ad approvare quest’anno, e con il quale è in stretta relazione poichè i portatori di interessi sono gli stessi».
La presidente della Commissione Pari opportunità Maria Antonietta Sale, intervenendo ieri nella biblioteca di piazza Tola con le altre relatrici e le moderatrici Nives Biosin e Chiara Maria Sanna, ha ribadito l’importanza dello strumento: «Siamo convinte che sia il più efficace per amministrare la nostra città con equità, efficienza, trasparenza e giustizia e per consentire il benessere sociale di cittadine e cittadini. Passeremo da un bilancio «neutro», che non tiene conto di queste differenze, a uno che le assecondi».
Non si pensi che il bilancio di genere sia una cosa astratta. «Quando un’amministrazione deve decidere come destinare le sue risorse – ha detto, citando l’esperienza di Modena, la docente universitaria Tindara Addabbo – lo fa tenendo conto di necessità che vanno da iniziative a favore di una vita sana, per una rete di servizi per la cura dei figli e dei familiari, interventi che promuovano il diritto al lavoro, la partecipazione dei cittadini, garantiscano la sicurezza sociale, potenzino l’istruzione». E di bilancio di genere ma «in un approccio di sviluppo umano» ha parlato anche Francesca Corrado, della stessa università.
«Si tratta di orientare la spesa pubblica – ha spiegato a sua volta l’economista dell’ateneo sassarese Elisabetta Addis – non con finanziamenti a pioggia, come possono essere i bonus per la maternità, che ricalcano un modello ottocentesco, ma secondo il welfare nordico o di stampo liberale che creano simmetria tra i beneficiari uomo-donna. Occorre quindi un’analisi dettagliata del contesto in cui si va ad agire, e sulla base di questo, decidere gli interventi che potranno davvero cambiare la qualità della vita di ciascuno».
Da La Nuova Sardegna