La città di Sassari è stata profondamente scossa da alcuni episodi di violenza. Una donna è stata accoltellata tra le mura di casa, ad aggredirla è stato il marito. L’allarme, dato dalla figlia della coppia, ha consentito l’intervento di alcuni vicini e posto fine all’aggressione. L’uomo, un professionista, è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio. Tre tentativi di stupro sono avvenuti tra giovedì e sabato. Il presunto aggressore è stato identificato: un giovane nigeriano, destinatario di un decreto di espulsione e già condannato per violenze commesse nel nord Italia. E’ stato arrestato anche lui. Episodi diversi, gravissimi, rispetto ai quali possiamo solo immaginare il trauma delle vittime, a cui va tutta la nostra solidarietà. Questi fatti ci ricordano che la violenza maschile sulle donne è un fenomeno strutturale nella nostra società, trasversale alle classi sociali, alle condizioni economiche, al livello di istruzione, alle condizioni di vita. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti, amici: persone nelle quali si ripone solitamente la massina fiducia. I numeri relativi alle violenze perpetrate da sconosciuti, al contrario, sono molto bassi. Il luogo più pericoloso è la casa, talvolta il posto di lavoro, molto più raramente la strada.
Con la legge 69/2019, nota come “Codice Rosso”, si prevedono tempi più rapidi per il processo, pene più severe per gli autori di violenza, l’introduzione di nuovi reati come il revenge porn e le lesioni permanenti al volto. Ma mancano misure per assicurare la protezione delle vittime e per garantire la prevenzione della commissione di questi reati. L’Italia, sebbene abbia aderito alla Convenzione di Lanzarote, non ha sviluppato programmi trattamentali volti a prevenire la recidiva nei soggetti autori di reati a carattere sessuale. Le esperienze di questo genere sono pochissime nel nostro Paese. Una è quella che il Centro Italiano per la Promozione della Mediazione (C.I.P.M.) ha fatto nel carcere di Bollate. Si è compreso che gli autori di questi reati hanno la tendenza a negare l’accaduto e dunque, una volta rimessi in libertà, a commetterli ancora. E’ stato tratto un documentario da questa esperienza “Un altro me”, che proprio all’interno della rassegna Visioni Solidali qualche anno fa avevamo scelto di proiettare. A Sassari, per quanto riguarda la prevenzione, nell’ambito del Progetto Antiviolenza Aurora che sostiene le donne vittime di violenza, esiste un servizio di supporto per uomini maltrattanti. Esiste altresì il Centro Ascolto Uomini Maltrattanti del Nord Sardegna. Si tratta di esperienze limitate, sebbene importanti. Nel frattempo i centri antiviolenza non hanno il supporto e le risorse necessarie per far fronte al fenomeno e consentire alle donne percorsi di autentica libertà. Sul piano culturale e sociale si combatte un’altra battaglia. Da un lato c’è da contrastare una cultura patriarcale che colpevolizza le donne in caso di violenza, stigmatizzandole e oggettivandole; dall’altro l’idea secondo la quale la sessualità è violenta e la violenza è sexy. In un simile contesto il consenso femminile ai rapporti sessuali è considerato implicito, come se non dire “no” fosse quasi dire “sì”: una convinzione distorta e pericolosa, da rigettare, che purtroppo fatti di cronaca di risonanza nazionale hanno in questo periodo contribuito a rilanciare, riportando il dibattito pubblico indietro di decenni. Non possiamo accettare semplificazioni stereotipate sugli autori della violenza (basate su nazionalità, appartenenza a un gruppo etnico, credo religioso) come sulle vittime, che non possono mai trasformarsi in colpevoli (per il loro aspetto o il loro comportamento). Atteggiamenti e comportamenti che giustificano la violenza non devono essere minimizzati e normalizzati. La violenza sulle donne va affrontata nella sua complessità.
Diritti al Cuore Sassari