Pubblichiamo un articolo di Francesca Tognetti apparso oggi su Gay.tv rispetto alle intenzioni di voto emerse da un sondaggio nella comunità GLBT. Pur non condividendo appieno il contenuto crediamo che, allo stato attuale, la logica appartenenza gay all’area della sinistra sia piuttosto difficile dato lo spostamento a destra, con sfumature cattolico fondamentaliste, del PD e la debolezza della sinistra radicale, annientata dal vecchiume che non vuole lasciare le poltrone. Il rinnovamento deve necessariamente partire dall’abbattimento dell’esistente: non ci potrà mai essere una rifondazione di sinistra con Ferrero (e a Sassari con Dario Satta), nè una Sinistra e Libertà che si trascina tutti gli scarti dell’ex PCI (vedi Sassari dove il potere è saldamente nelle mani di residuati bellici come Giovanni Meloni, Rosario Musmeci, Antonio Attili e tutta la cricca dei traffichini ex di qualcosa e sempre in cerca di una bella poltrona).
All’inizio di novembre la società milanese RSD ha reso noti i primi risultati di un sondaggio relativo alle intenzioni di voto della comunità lgbt italiana. Certo, si tratta di una proiezione fatta su un campione che, come tutti i campioni, può essere rappresentativo oppure no. Ma il dato che emerge è interessante: sembra che al momento, il leader più apprezzato dall’elettorato lgbt, sia Gianfranco Fini, preferito anche a Nichi Vendola.
Sul fatto che il centro-destra, precisamente nella figura politica del Fli, potesse essere la risposta alle rivendicazioni civili dei gay e delle lesbiche italiane, avevo già scritto quando Della Vedova aveva definito “grottesca” la mancanza di una legge a tutela delle coppie omosessuali in questo paese.
Andando indietro con la memoria e con la rassegna stampa, ci si rende conto che sono state molte, negli ultimi mesi, le dichiarazioni da parte dei cosiddetti “finiani” a favore dei diritti lgbt. Dalla Moroni a Barbareschi (favorevoli alle unioni gay), fino ad arrivare alla recente boutade di Italo Bocchino sulla necessità di combattere l’omofobia e sulla vergogna di un premier che insulta i gay con battute da bar
Messe in fila, tutte queste dichiarazioni formano un quadro abbastanza innovativo del centro-destra, che sembra essersi scoperto nuovo paladino dei diritti e della causa gay, facendo proprie non solo molte rivendicazioni (dobbiamo aspettarci un’imminente uscita di Fini sulla necessità di legalizzare le droghe leggere?) ma anche l’attitudine, l’attenzione, l’impegno civile che tradizionalmente e storicamente dovrebbe appartenere alla sinistra. Sinistra che, dal canto suo, ha fatto ben poco per farsi amare dai gay italiani. Lo stesso Vendola, quand’anche dovesse essere designato leader, in materia di diritti gay non si è speso molto, in virtù della sua fede cattolica. Vendola ha il solo “pregio” di essere gay, che pare non essere sufficiente a colmare le aspettative dei gay a cui non basta avere “uno dei loro” al Governo. E quindi: meglio Fini che Vendola?
Forse no, ma la tendenza del Fli è innegabile nonché vistosa. Vero è che il partito raggruppa personaggi dai background più svariati (da Benedetto Della Vedova ex presidente dei Radicali, a Barbareschi ex Pdl e già protagonista del celeberrimo Hannibal Holocaust) ed è pertanto naturale che vi siano diverse correnti di pensiero al suo interno. Ma è varo anche che lo stesso Fini, fino a non troppi anni fa, apparteneva a un’ideologia la cui posizione era molto chiara rispetto a tematiche come i diritti civili, e frequentava persone che, quando alzavano al cielo il braccio destro, non lo facevano certo per fare ciao ciao al loro amico gay.
Resta il fatto che, ad oggi, Fini e i finiani sono stati coloro che più di tutti si sono esposti in merito alle questioni urgenti del panorama gay a fronte di un centro-sinistra. Resta da vedere se queste aspettative potrebbero essere soddisfatte in un ipotetico Governo, data la probabile alleanza de Fli con Casini. Ma la svolta c’è, ed è innegabile. Perché?
Forse siamo dei disillusi, forse siamo un paese che ha perso le fede, forse siamo dietrologisti di professione: ma è dura credere a Babbo Natale quando, per il decimo anno di fila, sotto l’albero trovi solo promesse non mantenute. E quindi viene da pensare che si tratti di una strategia, di una prese di posizione programmatica. Personalmente, credo che il Fli abbia imparato un’importante lezione politica (quella che la sinistra non ha ancora capito), ovvero la necessità di dare alla gente quello che ha bisogno, restando ben adesi alla realtà. E di cosa c’è un estremo, rantolante bisogno in Italia? Di impegno, di apertura mentale, di diritti. E i diritti gay si prestano perfettamente al gioco: riguardano una “nicchia” in fondo trascurabile dell’elettorato, quindi se anche non rispetti le promesse non perdi poi granché. D’altro canto, hanno un elevato valore simbolico. Sono una “medaglia d’oro” al valore civile da appuntarsi sulla maglietta, sono una voce molto cool da spuntare sulla lista delle priorità politiche, l’accessorio da sfoggiare per avere un look al passo con l’Europa e con il mondo. Come piazzare una lampada di design in mezzo al soggiorno retrò della nonna.
Per questo, per l’alto valore “dimostrativo” della loro causa in congiunzione con l’ancora forte, per quanto assurda marginalità che occupano nell’agenda politica, i gay rischiano di diventare ancora una volta bandiera loro malgrado, stendardo trasversale utile solo a portare il vessillo del partito. Gay di destra, gay di sinistra. Ma in fondo: gay di niente, gay di nessuno.
I propositi dei finiani rimangono buoni, quantomeno in termini relativi (sono i “più buoni” in quanto pressoché gli unici, beati monoculi in terra caecorum), resta da vedere la fattibilità di queste intenzioni. Resta da vedere se i diritti civili sono davvero l’obiettivo finale o solo lo strumento per arrivarci in una prospettiva per cui il fine (il Fini?) giustifica i mezzi.
Francesca Tognetti, gay.tv, 15 Novembre 2011