Un intervento del MOS sugli ultimi fatti di omofobia in Sardegna e l’invito al sindaco di Oristano a condannare la distruzione delle opere di Egle Picozzi
La cronaca sarda degli ultimi mesi racconta vicende che non possono che amareggiare: una spirale di intolleranza e discriminazioni piuttosto pesanti ha colpito nel vivo la comunità LGBT, nonchè tutte le persone ad essa vicine.
Si è passati attraverso la, oramai virale, omelia che condanna i gay alla morte da parte di Don Massimiliano Pusceddu, parrocco di Decimoputzu, all’atto vandalico nei confronti dell’installazione fotografica di Gianluca Vassallo “Shoot me! Colpiscimi, uccidimi, sparami, fotografami” presso il comune di Palmas Arborea sino ad arrivare ad Oristano dove le sobrie ed eleganti cartoline dell’artista Egle Picozzi che hanno turbato così tanto il pubblico pudore da essere state rimosse da un gruppo non identificato di cittadini dopo solo una notteche. Due immagini del progetto “Free to be free” in cui Egle ha ritratto due donne in abito da sposa, nel giorno delle loro nozze, e una coppia di uomini seduti su un divano di un palazzo ottocentesco nella posa di rito post matrimonio. “L’indignazione”, dinnanzi a queste foto, è stata così forte da portare qualcuno a segnalare “il crimine” alla questura, intendendo per crimine non la distruzione delle opere ma le opere stesse. I solerti poliziotti hanno quindi deciso di verificare l’accaduto, si sono presentati nel posto di lavoro dell’artista e l’hanno sottoposta non solo ad una situazione indubbiamente imbarazzante ma, anche, ad una serie di domande di cui ci sfugge il senso.
È però necessario attuare un netto distinguo tra i casi citati: la Chiesa – attraverso il Vescovo Arrigo Miglio – ha preso posizione nei confronti di Don Pusceddu, inviatato ad “osservare un congruo periodo di silenzio totale”. Lo stesso Vescovo, tramite un comunicato ufficiale, ha chiesto perdono a tutte le persone “sofferenti e rabbiose”. Un gesto sperato e dovuto ma non sufficiente: dati i precedenti di Don Pusceddu, ex parroco di Vallermosa e denunciato in passato per aggressione, sarebbe stata auspicabile la dimissione dal ruolo ricoperto. Inoltre un dubbio continua comunque ad aleggiare: come mai questa presa di posizione è arrivata dopo quasi un mese dal fatto e solo dopo la denuncia per istigazione a delinquere da parte dell’Avvocata Cathy La Torre (Gay Lex)?
Arriviamo a Palmas Arborea: i 49 ritratti di baci omosessuali ed eterosessuali in ricordo delle altrettante 49 vittime di Orlando sono stati strappati e incendiati. Altra presa di posizione da parte del Comune – rappresentato dal Sindaco Andrea Pisu – che all’unanimità di una seduta del consiglio ha “ufficializzato la dissociazione dall’atto, la ferma condanna nei confronti del gesto e ha accordato il proprio patrocinio all’installazione del fotografo”.
Cosa sta accadendo ad Oristano per il grave atto nei confronti di Egle Picozzi? Nulla. Al di là della solidarietà di tute le associazioni LGBT e dei singoli cittadini, il silenzio del Sindaco che – ricordiamo – rappresenta la comunità tutta, permane da quasi due settimane. Questo mutismo pare avvallare l’atto discriminatorio e offrire una mano tesa verso le tante persone seminatrici di odio a discapito di chi, invece, ha vissuto questo atto con sdegno e rammarico.
Dimostrazione di quanto appena asserito è il fatto che, a sole poche ore dall’accaduto, la popolazione non ha esitato ad urlare il proprio “No all’omofobia”, attraverso una petizione su change.org in cui “i cittadini chiedono che all’artista venga dato il giusto riconoscimento dato che l’amore è libertà, l’amore è amore”.
In un momento storico così delicato, post ddl Cirinnà, e dove – finalmente – si scorge qualche barlume di luce verso l’uguaglianza dei diritti, sarebbe non solo auspicabile ma doveroso che il Sindaco Guido Tendas prendesse posizione sull’accaduto e rilanciasse il messaggio di amore e rispetto che Egle Piccozzi vuole far filtrare tramite le sue opere.