L’occasione è una conferenza straordinaria sulle attività della Corte costituzionale. E Franco Gallo, il presidente della Consulta, ieri l’ha usata per spronare il Parlamento su molti argomenti, ma in particolare su un tema che da sempre è fronte di scontri nelle aule parlamentari: il riconoscimento dei diritti delle coppie gay.
Non ha usato giri di parole il presidente Gallo. Si è rivolto alle Camere in maniera esplicita: «Bisogna regolamentare i diritti delle coppie omosessuali nei modi e nei limiti più opportuni». Ma non si è limitato: Gallo si è spinto anche su un altro fronte dei diritti civili, quello del cognome paterno obbligatorio. Secondo il presidente della Consulta «l’attribuzione del solo cognome paterno costituisce il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia».
Quindi secondo Gallo occorre legiferare sui diritti civili. Per le coppie gay è dal 2010 che la Corte costituzionale sollecita il legislatore in questo senso, dalla sentenza numero 138 del 2010, per la precisione. «In tale pronuncia la Corte ha escluso l’illegittimità costituzionale delle norme che limitano l’applicazione dell’istituto matrimoniale alle unioni tra uomo e donna, ma nel contempo ha affermato che due persone dello stesso sesso hanno comunque il diritto fondamentale di ottenere il riconoscimento giuridico, con i connessi diritti e doveri, della loro stabile unione». Gallo ha sottolineato anche come alla Consulta su questi temi sia stato più facile interagire con le istituzioni e i giudici europei, detto proprio nel giorno in cui in Francia venivano approvati il matrimonio e le adozioni gay.
Un’esplosione di consensi alla parole del presidente della Consulta è arrivata, ovviamente, dall’intera comunità omosessuale. C’è chi, come il presidente di Gaylib Daniele Priori, vorrebbe Gallo come premier e chi come il presidente dell’Arcigay Flavio Romani non esita: «Il matrimonio gay è una conquista di democrazia, libertà e uguaglianza».
Dal fronte politico si leva forte la voce di protesta di Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato del Pdl: «La Consulta non deve dettare le regole alle Camere». E a lui fa eco la voce della parlamentare del Pdl Eugenia Roccella: «Quello di Gallo è un intervento a gamba tesa in un ambito controverso e divisivo che ci ricorda come in questi anni l’attività dei tribunali abbia sconfinato dai propri limiti».
Franco Gallo ha sottolineato quanto in questi anni le parole della Consulta siano rimaste inascoltate, in materia. E Ivan Scalfarotto, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera e gay dichiarato, ha ricordato: «Negli ultimi anni disegni di legge sui diritti civili sono rimasti nell’angolo, mai discussi nemmeno nelle commissioni».
Scalfarotto ha poi aggiunto: «In Parlamento nemmeno il disegno di legge sull’omofobia è riuscito ad avere un via libera. Per questo io adesso ho ripresentato disegni di legge sui matrimoni gay, nonché quello che estende la legge Mancino all’omofobia, già firmata da 140 deputati».
E sull’omofobia è Vanity fair a ricordarci qual’è il suo volto. In un articolo dal titolo «Questo è il volto dell’omofobia» Parigi sotto choc per un’aggressione racconta la storia di Wilfred de Bruijn aggredito e picchiato selvaggiamente a Parigi mentre camminava a braccetto con il suo compagno. Era stato lo stesso De Bruijn a pubblicare la foto del suo volto tumefatto su Facebook, con la dicitura «Mi dispiace mostrarvelo, ma questo è il volto dell’omofobia» con i dettagli dell’aggressione avvenuta il 6 Aprile nel 19esimo arrondissement.
Ma, ritornando all’Italia e alle sue mille contraddizioni, anche all’interno del Pd le voci su questi temi non si esprimono all’unisono. Infatti, per quanto isolate, queste voci assomigliano spaventosamente a quelle più retrive del PdL e non si capisce come mai continuino a rimanere nel PD anzichè cambiare partito. Potrebbe trasferisri subito nel PdL il deputato democratico, Edoardo Patriarca, che sostiene: «La Consulta continua a riconoscere il valore dell’istituto matrimoniale, e per quanto riguarda i diritti delle coppie dello stesso sesso parla di modi e limiti più opportuni. Dunque un netto no alle nozze gay».
Parole che si avvicinano a quelle di Carlo Giovanardi, senatore del Pdl, che non vuole sentirne parlare di matrimonio fra omosessuali. Dice, infatti: «Dobbiamo introdurre nel codice civile il cosiddetto contratto di solidarietà e convivenza, attraverso il quale i conviventi, a prescindere dagli orientamenti sessuali, possano disciplinare davanti ad un notaio tutti gli aspetti patrimoniali e assistenziali della loro vita di coppia. E in questo senso noi abbiamo presentato una proposta di legge».
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