Sabato 7 Luglio si è svolto il World Pride di Londra, una versione ridotta del normale London Pride, senza carri con sound system e senza le numerose iniziative che accompagnano l’evento.
Circa 25.000 persone, secondo gli organizzatori, hanno partecipato alla marcia nel centro di Londra. La manifestazione si è conclusa a Trafalgar Square dove si sono alternati interventi politici con esibizioni artistiche, fra cui Boy George e Deborah Cox.
Il World Pride venne assegnato a Londra per celebrare i 40 anni dalla prima manifestazione che attraversò la città nel lontano 1972. A causa della totale disorganizzazione del London Pide Board, però, non si è riusciti a chiedere le giuste autorizzazioni ed a coprire gli altissimi costi della “sicurezza”, quest’anno molto più elevati a causa dei prossimi giochi olimpici. L’intervento del Comune e di due grandi aziende, Gaydar e Smirnoff, la scorsa settimana, non è riuscito a r8imediare al danno, data la ristrettezza dei tempi. Così la manifestazione è passata sotto il controllo della polizia municipale che ha imposto come orario le 11 del mattino, anziché le 13:00 come programmato, ed ha vietato l’utilizzo di carri o veicoli, trasformando la parata in una manifestazione di protesta.
Per salvare il salvabile molti commentatori hanno cercato di risvegliare l’attivismo della comunità GLBT londinese, esortando tutti ad una sorta di ritorno alle origini per ritrovare lo spirito della prima manifestazione per i diritti di gay e lesbiche del 1972, alm centro delle celebrazioni di quest’anno. Cliff Joannou su QX, rivista GLBT della capitale che, in un editoriale dal titolo “The real Gay Pride Shame” dopo aver pesantemente criticato l’organizzazione, ha esortato ad un ritorno alle origini del movimento di liberazione GLBT, ad una ripresa della militanza e del senso stesso dell’attivismo, con un’esortazione finale alla partecipazione “Forza gay meravigliosi, unitevi alla marcia e fate sentire la vostra voce, e mostrate al mondo come facciamo festa”.
Il corteo partito da Baker Street ha seguito il percorso tradizionale via Oxford Street e Regent Street a Whitehall. Secondo Peter Tatchell, attivista di lungo corso, che partecipò all’organizzazione anche del primo Pride, ha commentato positivamente, dopo le critiche dei giorni passati, dicendo che comunque l’atmosfera nel corteo era molto bella.
Uwern Jong, portavoce del London Pride, ha detto che il corteo era per il progresso globale dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, considerato che “44 membri del Commonwealth ancora criminalizzano l’omosessualità.”
Mercoledì, Tony Hughes, membro del consiglio, è stato annunciato come nuovo presidente dell’associazione, a seguito delle doverose dimissioni di Patrick Williams per gli errori nell’organizzazione che hanno notevolmente ridotto la parata e i festeggiamenti per un world pride che ha lasciato il posto ad una piccola manifestazione di protesta.
Il London Pride Board, dopo aver annunciato le dimissioni di Williams, si è impegnato, con il resto del consiglio che rimane invariato, ad organizzare un Pride di cui Londra andrà orgogliosa, sperano.
Il BorisSavePride hashtag # era stata creata su Twitter per la campagna di supporto al Pride rivolta al sindaco. L’ufficio del sindaco ha fornito un finanziamento di £ 100.000 per l’evento, anche se Boris Johnson, il sindaco, come annunciato, non è stato presente alla manifestazione.
In una città piovosa e assediata da forze militari di vario genere, in vista dei futuri giochi olimpici, si è svolta una manifestazione che, per molti visitatori, non poteva essere in alcun modo riconducibile ad un Pride e, sopratutto, ad un World Pride. Per chi non ha partecipato al piccolo corteo, rimaneva solo Trafalgar Square, piazza piuttosto piccola e totalmente recintata dalla polizia che ne controllava gli ingressi. Incredibile per chiunque di noi, abituati a sfilare in Spagna, in Italia od in Germania, e forse anche inaccettabile tanto che la maggior parte hanno preferito riversarsi per le strade di Soho per una festa a cielo aperto, senza musica ma stracolma di gente. Supermercati presi d’assalto e bivacco sui marciapiedi, pioggia permettendo.
Fuori dalla recinzione di Trafalgar Square, poliziotti armati di fonometro controllavano i decibel, in realtà talmente bassi che era impossibile udire le parole degli interventi persino dalla National Gallery, posta di fronte al palco allestito per il Pride. Sicurezza? Protezione dei monumenti? Leggi sull’inquinamento acustico? Ma allora perchè farla proprio li?
E tra interventi politici non udibili, cori da chiesa, cantanti pop sconosciute (o forse lo sono in qualche sobborgo di Londra) e unica “grande” attrazione un Boy George non in splendida forma ed ormai visibile nelle discoteche di mezzo mondo (Cagliari compresa) nella sua discutibile veste di dj, si è concluso il più triste World Pride della storia. Nessuna vera motivazione politica alla base della scelta di Londra, così come era stato per Roma nel 2000 con il Giubileo o per Gerusalemme nel 2008, in quanto crocevia di tutte le religioni e per la perdurante occupazione militare, e nessuna organizzazione degna di questo nome per la più grande e ricca città europea.
La lunga pioggerellina che ci ha accompagnato per tutta la giornata si è trasformata, la sera, in un forte acquazzone ed ha lavato via una vergogna che gli inglesi porteranno a lungo. Di sicuro la capitale inglese, per i prossimi anni, non sarà meta turistica dei Pride, ma nemmeno meta turistica gay. Gli esasperati controlli per le strade, con multe per “littering” (spargimento incurante di rifiuti su strade ndr) da £ 50 (ca. 70 euro) per un mozzicone di sigaretta, controlli accurati, fin dentro le mutande, nei bar e nelle discoteche, con un numero di addetti alla sicurezza che a volte supera quello dei clienti, arrivano fino all’obbligo di ingresso singolo nei bagni con agenti pronti ad appendersi alla porta per controllare che tu stia veramente facendo bisogni e non altro. E se sei stanco e chiudi gli occhi per te è finita. Dopo gli ultimi casi di morti per eccesso di Ketamina e GHB, preferiscono prevenire e allontanano, con la forza, chiunque dia segni di cedimento.
Piccolo avviso ai turisti olimpici: per tutta la durata dei giorchi le connessioni internet a prezzi scontati saranno sospese e sarà molto difficile potersi connettere dal proprio smartphone. Sarà per la paura dei “telefoni innescabombe” o di un attacco di haker alla gara del giavellotto, ma comunque sempre di regime militare si tratta. Cara Londra e cara Inghilterra, dov’è finito il tuo grande sogno di libertà?