Una coppia di Milano ha fatto ricorso contro la cassa muta della banca presso cui lavora uno dei due che non voleva riconoscere al partner il diritto alla copertura. La Corte d’Appello dà loro ragione. Paola Concia chiede alla Camera di estendere l’assicurazione sanitaria alla compagna con cui si è unita in Germania
Marco C. fa l’impiegato di banca a Milano. Un giorno, stanco della negazione di diritti a cui l’Italia costringeva lui e il suo compagno, Erminio G., decide di citare in giudizio l’istituto di credito in cui lavora poiché questo si era rifiutato di riconoscere lo status di convivente more uxorio al suo compagno, nonostante insieme rispettassero tutti i criteri richiesti per l’erogazione delle prestazioni. Inclusa l’iscrizione nello stesso stato di famiglia (come famiglia anagrafica, ovvero convivenza per motivi affettivi, oggi riconosciuta anche alle coppie gay).
La coppia vince im primo grado presso il Tribinale di Milano e la cassa mutua dell’istituto bancario perde il ricorso in Appello stabilendo, di fatto, che nella nozione di “convivente more uxorio” usata dall’ente rientrano anche le coppie gay.
“Dopo aver vinto il ricorso di primo grado presso il Tribunale di Milano, la Corte d’Appello ha rigettato un ulteriore tentativo della Cassa Mutua per negare i benefits previsti per i lavoratori dell’istituto di credito e per i relativi “conviventi more uxorio”, stabilendo che in questa nozione rientrano sia le coppie conviventi eterosessuali che omosessuali. Grazie all’impegno dell’avvocato Federica Menici di Roma – scrive Ivan Scalfarotto sul suo blog -, Erminio potrà quindi giustamente usufruire della cassa mutua del suo compagno esattamente come succede per i coniugi o i conviventi dei dipendenti eterosessuali. La cassa sanitaria aziendale è un benefit collegato alla prestazione lavorativa e quindi è parte integrante della retribuzione: bene ha fatto la Corte di Appello di Milano a smantellare l’assurdo principio, portato goffamente avanti dalla Banca, che le persone eterosessuali debbano essere retribuite più di quelle omosessuali”, ha concluso il Vicepresidente del PD.
Ed è sempre una questione di copertura sanitaria del partner che potrebbe far esplodere la questione “coppie gay” proprio nelle stanze della politica. A sollevarla, manco a dirlo, Anna Paola Concia, deputata del Pd. La settimana prossima, infatti, si riunirà l’ufficio di presidenza della Camera dei Deputati per decidere su quello che ormai tutti chiamano “caso Concia”, ovvero per consentire o negare alla deputata di estendere l’assistenza sanitaria che le spetta in quanto onorevole alla sua compagna Ricarda Trautmann.
E’ una cosa di cui usufruiscono tutti i deputati sia per i coniugi che per i conviventi. Paola Concia aveva presentato la richiesta, con la relativa documentazione ad inizio legislatura e da allora mai nessuna risposta è arrivata. Dopo il rito che l’ha unita a Ricarda a Francoforte lo scorso agosto, la deputata ha presentato, in vano, l’ulteriore documentazione. Riporta il Corriere della Sera che all’ennesimo solecito dell’onorevole un funzionario avrebbe risposto: «In questo momento sono tutti contro la casta, onorevole, non le conviene usufruire di questa prerogativa». Una motivazione che, come sottolinea Paola Concia, varrebbe stranamente solo per lei, dato che gli altri ne godono.
Ad interessarsi della faccenda, adesso, è stato Gianfranco Fini in persona che l’ha posta alla riunione dell’ufficio di presidenza. Fini sarebbe favorevole a dare una risposta positiva, ma qualcun altro sarebbe contrario adducendo come motivazione che non si può dire di sì alla richiesta di Paola Concia perché per farlo ci vorrebbe una legge sulle unioni omosessuali. Legge che, evidentemente, non serve per le convivenze eterosessuali.
La risposta dell’ufficio di presidenza, comunque, dovrebbe arrivare in settimana ed è destinata a far parlare, qualunque essa sia.
Fonti Vanity fair, gay.it, ivanscalfarotto.it